Blitz contro la ‘nuova’ mala del Brenta, 16 arresti

malabrentada AGI.IT
Una vasta operazione della Polizia di Stato, condotta dalla squadra mobile della questura di Venezia, che sta eseguendo 16 ordinanze di custodia cautelare, perquisizioni e sequestri nei confronti dei componenti di un violento gruppo criminale, costituito per la maggior parte, da pericolosi pluripregiudicati veneti, alcuni gia’ contigui alla disarticolata ‘Mala del Brenta’, con base operativa nella provincia di Venezia, che assaltavano con kalashnikov banche, laboratori orafi, centri commerciali del Nord-Est e della Toscana. All’operazione stanno partecipando 150 agenti della Polizia di Stato appartenenti ai vari Uffici e Commissariati della Questura di Venezia ed alle squadre mobili del Veneto, del reparto prevenzione crimine del Veneto, artificieri, unita’ cinofile antiesplosivo ed un elicottero del reparto volo di Milano.
  L’indagine e’ iniziata a seguito dell’individuazione di due persone controllate a Marghera vicino a un supermercato che furono trovati in possesso di una borsa contenente una pistola a salve, una maschera in lattice e di un’autovettura rubata.
  Grazie alle indagini e’ stato possibile accertare come il gruppo individuato aveva la disponibilita’ sia di armi comuni da sparo che da guerra tipo kalashnikov. Questa notte e’ scattato l’imponente blitz della Polizia di Venezia che ha arrestato tutti e sedici gli indagati sequestrando l’arsenale del pericoloso gruppo criminale. Infatti nel corso di una delle perquisizioni sono stati rinvenuti e sequestrati: 4 kalashnikov, 1 fucile mitragliatore, una pistola semiautomatica Glok, una pistola semiautomatica Beretta, caricatori a mezza luna ed un migliaio di cartucce, pettorine della guardia di finanza, palette delle forze dell’ordine, lampeggianti blu, tutto materiale utilizzato per gli assalti. Un altro kalashnikov e’ stato sequestrato in un nascondiglio a Marghera, dove sono state rinvenute anche le maschere in lattice per il travisamento. (AGI) .

‘ndrangheta, blitz della polizia: decine di arresti in Lombardia

blitzda TGCOM24

La polizia ha eseguito circa trenta arresti in Lombardia e in altre regioni italiane al termine di un’indagine nei confronti di presunti appartenenti alla ‘ndrangheta operanti in Brianza. Perquisizioni e sequestri di beni mobili, immobili e società per un valore di decine di milioni di euro.

Gli arrestati sono accusati, a vario titolo, di associazione mafiosa, riciclaggio, usura, estorsione, corruzione, esercizio abusivo del credito, intestazione fittizia di beni e società.

L’organizzazione, secondo quanto ricostruito dagli investigatori, avrebbe più volte fatto ricorso all’intimidazione e alla violenza mentre in più occasioni sarebbe intervenuta per pacificare i dissidi sorti all’interno della stessa ‘ndrina “locale” o con altre organizzazioni criminali.

A Seveso una vera e propria banca clandestina – Nell’ambito delle indagini, gli investigatori hanno scoperto a Seveso (Monza) una vera e propria banca clandestina, in cui venivano riciclati i proventi delle estorsioni e dell’usura, grazie ad un’ampia rete di società ma anche alla collusione di imprenditori e di impiegati postali e bancari.

I capitali accumulati, hanno inoltre accertato gli inquirenti e gli investigatori, oltre ad essere esportati in Svizzera e a San Marino venivano reimpiegati dall’organizzazione attraverso l’acquisizione di attività economiche nel settore edilizio, negli appalti e nei lavori pubblici, nei trasporti, nella nautica, nelle energie rinnovabili e nella ristorazione.

Secondo gli inquirenti, inoltre, i membri dell’organizzazione avevano anche organizzato una raccolta di denaro per sostenere i familiari di ‘ndranghetisti detenuti.

Truffe: banda falsi trader a Pescara, nel mirino anche Ior

poliziada Agi

Si spacciavano per trader professionisti ma in realta’ erano solo dei truffatori i componenti di una organizzazione criminale internazionale che ha preso di mira anche monsignor Francesco Cuccarese, gia’  Arcivescovo di Pescara – Penne, legale rappresentante della Fondazione benefica I.V.E.C. (In Veritate et Charitate), e presto anche lo I.O.R.. La banda, guidata da un pescarese, S.A.E., 43enne nato in Argentina e residente nel capoluogo adriatico, e’ stata scoperta dalla squadra mobile, che ha proceduto ad una serie di sequestri e denunciato sette persone per associazione per delinquere finalizzata alla perpetrazione di truffe. Il primo aprile 2010 Cuccarese (non indagato) ha ricevuto in donazione da S.A.E. per la Fondazione I.V.E.C., venti titoli messicani della Deuda Bancaria Publica de la Tesoreria de la Federacion Mexicana, emessi nel 1930.
Attraverso una serie di documenti (falsi), i titoli donati alla Fondazione sono stati spacciati per milionari: ciascuno aveva, ma solo sulla carta, un valore di oltre 45 milioni di dollari americani, per un totale di oltre 900 milioni di dollari americani. I titoli sarebbero stati utilizzati dalla Fondazione come garanzia per ottenere un finanziamento dallo I.O.R. per dar vita ad opere umanitarie. Lo dimostra una lettera, datata 23 marzo 2010, con cui Mons. Cuccarese informava il presidente e il direttore dello I.O.R. (anche loro estranei all’indagine) che alcuni amici benefattori avevano donato alla Fondazione dei titoli del tesoro messicani, del valore di alcune decine di milioni di dollari, per promuovere, tra l’altro, la costruzione di un ospedale pediatrico in Palestina. Con quella lettera l’alto prelato chiedeva per l’appunto allo I.O.R. di poter ricevere un finanziamento in favore della Fondazione I.V.E.C.
Le indagini della mobile (il sostituto procuratore che si e’ occupato del caso e’ Gennaro Varone) hanno consentito di scoprire che i titoli avevano un valore risibile e proprio l’intervento della polizia, con il sequestro dei titoli stessi, ha permesso di far saltare l’affare con lo I.O.R.. Le indagini sono cominciate dopo aver studiato gli atti relativi a questa vicenda, acquisiti presso un noto studio notarile della citta’  sul finire del novembre del 2011. Gli accertamenti hanno consentito non solo di sventare l’operazione che avrebbe interessato lo I.O.R. ma anche altri raggiri, considerato che i truffatori hanno cercato di piazzare titoli presso istituti finanziari oltre confine in modo da ottenere immediate aperture di linee di credito. Gli indagati hanno tentato di negoziare falsi titoli milionari in Svizzera e in Messico, ma, come nella tentata truffa all’Istituto per le Opere Religiose, la operazione non e’ andata a buon fine grazie ad altri sequestri effettuati dalla mobile, diretta da Pierfrancesco Muriana.
Accertati, invece, due casi di truffe riuscite in Abruzzo. Si tratta di due persone che, allettate dalla prospettiva di facili guadagni, sono state indotte da S.A.E. a consegnare dei soldi, nella convinzione di poter partecipare ad un investimento redditizio ma subito dopo quei soldi sono spariti.
Ulteriori particolari saranno forniti nel corso della conferenza stampa che si terra’ in questura alle ore 11. (AGI) .

Arrestato boss pentito Antonino Lo Giudice

poliziada Corriere.it

E’ finita la latitanza di Antonino Lo Giudice. Il pentito di ‘ndrangheta che si era autoaccusato di aver messo nel 2010 le bombe davanti alla Procura Generale e a casa del procuratore Di Landro, è stato catturato venerdì dalla squadra mobile di Reggio Calabria e dallo Sco. Il “Nano” che si era allontanato volontariamente lo scorso 3 giugno, mentre si trovava agli arresti domiciliari, è stato scovato in un appartamento alla periferia di Reggio Calabria.

LATITANTE – Lo cercavano anche all’estero, ma probabilmente Lo Giudice non si è mai mosso dalla sua città, probabilmente aiutato nella sua latitanza dalla moglie e dal figlio. Ai magistrati della Dda di Reggio Calabria dovrà spiegare i motivi del suo allontanamento. E, soprattutto, il perché abbia deciso di ritrattare le sue precedenti dichiarazioni.

IL MEMORIALE – Dopo il suo allontanamento volontario Antonino Lo Giudice aveva fatto recapitare ad alcuni avvocati e agli ordini di stampa, tramite il figlio Giuseppe , un memoriale dove diceva di essersi autoaccusato ingiustamente e che lui con le bombe non aveva nulla a che fare. «Mi sono inventato tutto»– ha detto il “Nano”. Nel testo il pentito ha scritto di voler ritrattare tutte le sue dichiarazioni ed ha anche ammesso di essere stato costretto a raccontare vicende ed episodi di cui lui non era a conoscenza. E aveva indicato in Giuseppe Pignatone, ex procuratore capo a Reggio Calabria, Michele Prestipino, aggiunto alla stessa procura, Beatrice Ronchi, sostituto procuratore alla dda reggina e Renato Cortese ex capo della Mobile di Reggio Calabria, oggi capo della Mobile di Roma, come le persone che lo avrebbero “minacciato” qualora non avesse detto quello che loro avrebbero voluto sapere.

ACCUSE – Le dichiarazioni di Lo Giudice hanno riguardato anche Alberto Cisterna, ex numero due della Procura nazionale antimafia e Francesco Mollace, sostituto procuratore generale, di recente trasferito a Roma, con lo stesso incarico. Sulla base delle accuse lanciate da Lo Giudice Cisterna è stato inquisito per corruzione, ma dopo due anni di indagini la sua posizione è stata archiviata dal gip di Reggio Calabria, su richiesta della stessa procura. Il testo inviato dal “Nano” era stato accompagnato da una pen drive con immagini dello stesso pentito. Che faceva sapere:”«Non mi cercate, tanto non mi troverete mai». Venerdì la sua cattura, a quattro passi dalla sua casa.

OPERAZIONE ELLENIKA: Individuato commercio di stupefacenti sull’asse Albania-Croazia-Slovenia-Italia

droga_280xFreedi Grazia De Marco

L’importante operazione antidroga chiamata “ELLENIKA”, avviata nel marzo del 2009, si è conclusa lo scorso 21 ottobre con il sequestro di due quintali di eroina, l’arresto di 71 persone e lo smantellamento di un vastissimo traffico internazionale di stupefacenti. Le ordinanze di custodia cautelare sono state disposte dalla Procura  Distrettuale Antimafia  dell’Aquila, per i reati di associazione a delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti e trasferimento fraudolento di beni.

I fermi sono stati eseguiti in Abruzzo, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Puglia, Sicilia, ma anche in Albania e Kosovo, grazie al supporto assicurato dal Servizio di Cooperazione Internazionale di Polizia. I soggetti italiani arrestati sono in totale 43, tra i quali: Carmelo Accetta, Lauro Catullo, Paride D’Antonio, Marco Di Cesare, Giulio Di Pietro, Italo Di Rocco, Giuseppina Insolia, Alessandro Mariani, Antonello Parbone De Matteis e Moreno Sagazio, tutti di Pescara, Emanuela  Guarnieri di Giulianova, Ettore Guarnieri di San Benedetto Del Tronto, Luca Attilio Mingolla di Taranto e Roberto Tarquini di Roseto degli Abruzzi.

Le indagini  sono state sviluppate, invece, nell’ambito di un progetto Europeo  di contrasto  alla criminalità  balcanica,  con il prezioso aiuto dell’Europol e della DCSA, in stretta  collaborazione  con la Polizia Albanese, Bosniaca, Slovena, Croata  e Kosovara. L’inchiesta, iniziata quattro anni fa grazie all’arresto di un corriere italiano  intercettato con mezzo chilogrammo di eroina, è stata condotta  dal ROS, dapprima coordinati dalla Procura Distrettuale Antimafia di Trieste, che aveva scoperto un’organizzazione bosniaco-kosovara dedita al traffico di ingenti  quantitativi di eroina. Lo sviluppo delle indagini ha condotto poi all’individuazione di tre  diverse associazioni criminali, sia internazionali che interne:

–         il  gruppo fornitore, con a capo i narcotrafficanti Dokle Indrit e Krasniqui Izet, articolato su due diverse cellule radicate in Albania e Kosovo, con proiezioni in moltissime città  italiane

–       il gruppo capeggiato da Ilijazagic Adnan, che si occupava prevalentemente del trasferimento  dei carichi e del reclutamento dei corrieri

–       il gruppo  collegato alla famiglia di Enzo Gargiuolo, attivo soprattutto  a Pescara e provincia.

 

Nell’agosto del 2012, il procedimento  penale  è stato trasmesso, per competenza territoriale, alla Procura Distrettuale Antimafia dell’Aquila, in quanto l’Abruzzo rappresentava e rappresenta il nodo nazionale di smercio dei vari flussi di eroina importati dai Balcani. In tale quadro, trova conferma l’importanza di una efficace cooperazione internazionale, sia sul piano giudiziario che di polizia, caratterizzata non soltanto da un proficuo ed aderente scambio di informazioni nella fase investigativa, ma anche dalla possibilità di condividere gli elementi di prova raccolti nei diversi procedimenti instaurati nei Paesi interessati, integrando i rispettivi  quadri probatori di riferimento e perseguendo anche gli indagati localizzati all’estero. Gli investigatori si sono avvalsi delle moderne tecnologie, oltre ad un dispendioso ma proficuo lavoro di osservazione e pedinamento.

L’indagine, inoltre, ha visto il contributo di quattro collaboratori di giustizia e l’infiltrazione di un appartenente al ROS, all’interno di una delle tre organizzazioni criminali.

POLIZIA: Termoli. Furti sotto ombrelloni. Fermato 60enne di Ancona

commissariatoda Primonumero

Termoli. Ancora furti sotto gli ombrelloni del lungomare termolese. Questa volta, tuttavia, a finire nei guai è stato un 60enne di Ancona che gli agenti della polizia hanno trovato in possesso di un borsello e di un cellulare la cui sparizione era stata denunciata ieri, sabato 31 agosto, da una turista torinese in vacanza in città. Ed è così che nel pomeriggio di oggi, domenica 2 settembre, il 60enne è stato raggiunto dagli uomini del 113 mentre si trovava in uno stabilimento sul lungomare nord di Termoli. Perquisito è stato quindi trovato in possesso di alcuni oggetti rubati. Fermato è stato quindi portato al Commissariato di via Cina mentre diversi erano i bagnanti che hanno assistito alla scena.

E diversi sono stati i furti registrati nel corso della stagione estiva sotto gli ombrelloni del litorale termolese. Episodi che si sono andati ad aggiungere ai furti messi a segno in diversi appartamenti della città. Molti sono stati i bagnanti, tra i quali anche turisti, che nel corso dell’estate hanno denunciato la scomparsa di portafogli, soldi o telefoni cellulari dal proprio ombrellone.

Fonsai, terremoto giudiziario. Arrestata la famiglia Ligresti

ligrestida Agi

Terremoto’ giudiziario nella vicenda Fonsai: arrestati Salvatore Ligresti e i figli Giulia Maria e Jonella, i due ex amministratori delegati di Fonsai, Fausto Marchionni ed Emanuela Erbetta, e l’ex vicepresidente pro-tempore Antonio Talarico. Le ordinanze di custodia cautelare sono state eseguite questa mattina dai finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Torino. Un’ulteriore ordinanza di custodia cautelare e’ stata spiccata per un altro figlio di Salvatore Ligresti, Gioacchino Paolo, il quale risulta trovarsi in Svizzera e quindi non raggiunto dal provvedimento restrittivo. Le accuse sono falso in bilancio aggravato e manipolazione di mercato. Al capostipite dei Ligresti sono stati concessi i domiciliari nella abitazione di Milano.
Arresti domiciliari anche per Talarico e per Marchionni, da scontare per quest’ultimo in una casa tra le montagne del cuneese. I militari della Gdf hanno raggiunto gli indagati nelle loro abitazioni e dimore estive, tra la Sardegna, dove Jonella era in vacanza e adesso e’ nel carcere di Cagliari, e la Toscana. Giulia Maria Ligresti e’ stata invece trasferita nel carcere di Vercelli. Quanto a Gioacchino Paolo, il procuratore aggiunto di Torino, Vittorio Nessi, ha riferito in conferenza stampa che “dalle prime informazioni non ci sarebbe la disponibilita’” a rientrare in Italia. Comunque “ci sono le convenzioni internazionali e ci sono possibilita’ di soluzioni ragionevoli per situazioni di questo genere”. Tutti i destinatari dei provvedimenti restrittivi erano gia’ indagati nell’inchiesta coordinata dai procuratori torinesi Vittorio Nessi e Marco Gianoglio che ipotizzava da parte dei vertici di Fonsai di aver “truccato” la voce destinata alla cosiddetta ‘riserva sinistri’ alterando tra il 2008 e il 2010 il bilancio della societa’, per poi comunicare ai mercati notizie false sul bilancio dell’azienda quotata in Borsa, e dunque alterando il prezzo delle sue azioni. Le ordinanze di custodia cautelare sono state motivate con il pericolo di fuga e di inquinamento delle prove. “Emerge uno spaccato inquietante: un uso strumentale di una societa’ come Fonsai, laddove risulta essere stata piegata all’interesse di una parte dell’azionariato. L’effetto e’ stato perdita di credibilita’ e il tradimento di piccoli azionisti”, ha detto il procuratore aggiunto di Torino Vittorio Nessi. L’indagine su Fonsai scatto’ nell’agosto 2012 per le ipotesi di falso in bilancio e ostacolo all’attivita’ di vigilanza per gli anni 2008-2011. L’esame della documentazione acquisita ha permesso di ricostruire come, attraverso una sistematica sottovalutazione delle riserve tecniche del Gruppo assicurativo sia stato possibile falsificare il bilancio 2010.
Tale sottovalutazione ha portato, negli anni, la distribuzione di utili per 253 milioni alla holding della famiglia Ligresti, la Premafin Spa, laddove invece si sarebbero dovute registrare le perdite. (AGI) .

Dalle forze dell’ordine ordine guerra alla banda del buco

SCAVANO GALLERIA DI UN CHILOMETRO PER DERUBARE GIOIELLERIAda Ansa.it

Al via ad ispezione delle fognie per prevenire rapine.

Carabinieri e polizia dichiarano guerra alla banda del buco. Sono iniziati controlli straordinari nelle fogne di Napoli per prevenire rapine da parte di malviventi che agiscono muovendosi nel sottosuolo.

I carabinieri stanno ispezionando la zona di Chiaia effettuando controlli nelle condotte fognarie. La polizia ha dato il via a un nuovo piano dell’ufficio Prevenzione generale con i sommozzatori che ispezioneranno, con cadenza settimanale, il sottosuolo.

Rubavano e rivendevano oro: 12 arresti. Tra la refurtiva la medaglia d’oro di Fiona May

da TGcom 24
Dodici persone sono state arrestate nell’ambito di un’operazione della polizia che ha permesso di sgominare una banda che rubava oro nelle abitazioni e lo riciclava. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati alcuni monili che sono stati riconsegnati ai legittimi proprietari. Tra questi anche la medaglia d’oro vinta da Fiona May ai mondiali di atletica leggera del 2001 e rubatale durante un furto nella sua abitazione.
I furti sono stati messi a segno dalla banda nelle province di Firenze, Prato, Pistoia, Lucca e Pisa. Dodici le misure cautelari, di cui otto di custodia in carcere a carico di cittadini albanesi, una di custodia in carcere per un italiano e tre arresti domiciliari per due cittadini italiani e una cittadina estone. L’organizzazione aveva dato vita ad una vera e propria filiera dove ognuno aveva un preciso compito. Alcuni si occupavano dei furti in abitazione, in genere gli albanesi, un rappresentante di preziosi si occupava di recuperare l’oro rubato e di trasportarlo ad Arezzo, dove un artigiano lo fondeva per rimetterlo in commercio.Una prima fase dell’inchiesta si era già conclusa nel mese di luglio con il fermo di sette cittadini albanesi responsabili di 17 delitti avvenuti nelle province di Pistoia e Firenze. Nei tre mesi durante i quali sono state attive le intercettazioni telefoniche ed ambientali è stato possibile monitorare la consegna finale ad Arezzo di 3 chilogrammi di oro e recuperarne altri 3 chilogrammi con un sequestro a carico di un artigiano orafo operante nella Valdinievole, per un valore complessivo sul mercato di oltre 200 mila euro.Il primo livello della banda era rappresentato da un orafo, che insieme alla sua compagna estone aveva fatto del suo laboratorio abusivo in Valdinievole il centro di riferimento per tutta una serie di soggetti, prevalentemente di etnia rom e di origine albanese, legati al mondo della criminalità attiva nelle province di Pistoia e Prato, dai quali acquistava oro e preziosi. In una telefonata intercettata, tra l’altro, l’orafo e un cittadino albanese si rammaricavano perché costretti a rimandare i loro ‘affari’ a settembre, in quanto nei mesi estivi, per l’allungarsi del periodo di luce solare, dovevano ridurre il numero dei furti nelle abitazioni.

Roma: la Polizia al Salone della giustizia

da Polizia di Stato

Tre giorni  per approfondire la cultura della legalità: a Roma si chiude oggi il Salone della giustizia giunto alla 4^ edizione.

Tra questi anche quello della Polizia di Stato. In particolare gli agenti della polizia postale e del Cnaipic ( Centro nazionale anticrimine  informatico per la protezione delle infrastrutture critiche) hanno spiegato ai visitatori tutti i rischi presenti navigando nella Rete, come  utilizzare Internet senza avere il timore di essere truffati.

Molta attenzione è stata data ai pericoli che si incontrano utilizzando in modo superficiale i numerosi social network presenti su Internet.

Su questo argomento i poliziotti hanno approfondito l’argomento dando quelle “dritte” per un miglior utilizzo senza cadere in situazioni poco  piacevoli.

Nei 10 mila metri quadrati del padiglione interamente dedicato alla sicurezza e alla tutela del cittadino, erano in mostra anche le auto storiche  di Carabinieri, Polizia e Vigili del fuoco.

Una manifestazione di tre giorni capace di offrire al visitatore il panorama di quanto viene fatto per garantire al cittadino giustizia e  sicurezza. Oggi, a visitare gli stand anche il ministro dell’Interno Annamaria Cancellieri.