Molti sostengono che la Giornata internazionale della donna, che si celebra l’8 marzo, sia solo un’inutile passerella, altri che andrebbe abolita per non rimarcare la differenza, la distanza dal genere maschile.
Noi pensiamo invece che questa ricorrenza serva per tenere accesi i riflettori sulle mille storie di violenze, abusi e discriminazioni che accadono in tutto il mondo, Italia compresa.
Ed è per questo che la Polizia di Stato ha organizzato ieri un convegno “La Polizia di Stato con le donne“, al quale hanno partecipato i massimi vertici istituzionali ed esponenti della magistratura e del mondo giornalistico. Nell’incontro, che si è svolto a Roma alla Camera dei deputati, è stata tracciata l’evoluzione del ruolo della donna nella Polizia di Stato, dalla legge di riforma del Corpo del 1981 ad oggi, ed il determinante impegno dell’Istituzione a salvaguardia dell’universo femminile.
Nel suo intervento il capo della Polizia Alessandro Pansa ha detto che “Nella Pubblica Amministrazione il ruolo delle donne è riconosciuto e importante. In Polizia non esistono quote rosa o corsie preferenziali, le donne se lo devono guadagnare, e quando le donne arrivano a livelli apicali sono veramente brave, sono le migliori”.
Per quanto riguarda la violenza sulle donne il prefetto Pansa ha aggiunto che “esiste un numero sommerso: il numero di denunce non corrisponde ai fatti reali. È un fenomeno che avviene spessissimo all’interno dei rapporti familiari e per noi diventa difficile intervenire”.
E proprio oggi il capo della Polizia Alessandro Pansa ha lanciato gli hashtag #donnalcentro e #focusonwomen. Grazie ad una collaborazione stretta con le leghe calcio di serie A e B giocatori, arbitri e piccoli accompagnatori scenderanno in campo, prima del match, il 5 ed il 6 marzo, indossando magliette su cui saranno stampati i due hashtag.
La Polizia ha anche realizzato un video che è stato proiettato durante il convegno. Piccolo gesti, atti dovuti contro tutte le violenze che si consumano nel silenzio e nell’indifferenza. Lo dobbiamo ad Halima (un nome di fantasia), una donna tunisina che a Caltanissetta insieme alle sue tre figlie veniva maltrattata e pestata dal marito; solo la violenza sessuale sulla prima figlia, nata da un precedente matrimonio, ha convinto la donna a denunciare, giusto qualche giorno fa, quell’uomo indegno di appartenere al genere umano.
Lo dobbiamo anche a Saira (anche questo un nome di fantasia), una donna di trenta anni arrivata a Roma dal Pakistan dieci anni fa e che per tutto questo tempo sino a pochi giorni orsono, ha tollerato le violenze fisiche e psicologiche del marito, nel silenzio e nella paura di non poter mantenere, da sola, in un Paese straniero, i due figli piccoli.
Lo dobbiamo alla forza di queste donne che hanno trovato il coraggio di denunciare i loro persecutori e a tutte quelle Halima e Saira che abitano nelle nostre città e che ancora questo coraggio non lo hanno trovato.
Lo dobbiamo infine anche a tutti quegli operatori delle forze dell’ordine delle Onlus e ai volontari che quotidianamente, in silenzio, costruiscono con mattoni piccolissimi la casa della tolleranza e della giustizia per tutte le donne vittime della violenza.
fonte Polizia di Stato