L’uomo è sospettato di far parte di un’associazione per delinquere di carattere trasnazionale dedita a commettere più reati contro la persona – ed in particolare – tratta di persone, sequestro di persona, violenza sessuale, omicidio aggravato e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina;
In particolare, il nigeriano è stato riconosciuto come uno dei responsabili di torture e sevizie perpetrati in Libia all’interno della safe house di “Alì il Libico”, dove i migranti venivano privati della libertà personale prima di intraprendere la traversata in mare per le coste italiane.
Il soggetto è stato individuato come uno dei complici del ghanese, tratto in arresto dalla Squadra Mobile di Agrigento nello scorso mese di marzo, sempre su ordine della DDA di Palermo e a carico del quale sono state già confermate le accuse da parte delle sue vittime davanti al Giudice delle Indagini Preliminari nel corso di un drammatico incidente probatorio.
Le indagini sul nigeriano, detto Rambo, sono state condotte dalla Squadra Mobile di Agrigento, e dalla Squadra Mobile di Crotone, che ha collaborato nella fase d’individuazione e cattura del soggetto. Entrambi gli Uffici investigativi territoriali sono stati coordinati dalla Seconda Divisione del Servizio Centrale Operativo di Roma.
Di seguito vengono riportati alcune parti delle dichiarazioni rese dai migranti, che hanno determinato i pubblici ministeri della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, ad emettere il provvedimento di fermo a carico del nigeriano.
“Durante la mia permanenza, all’interno di quel “ghetto’ da dove era impossibile uscire, ho sentito che l’uomo che si faceva chiamare Rambo ha ucciso un migrante.So che mio cugino ed altri hanno provato a scappare e che sono stati ripresi e ridotti in fin di vita, a causa delle sevizie cui sono stati poi sottoposti”
“Vi era un altro tale RAMBO carceriere della Nigeria che anche se non mi ha picchiato provvedeva a seviziare altri migranti. Le torture cui sono stato sottoposto sonoinnumerevoli. Per esempio: sono stato torturato con i cavetti elettrici in tensione. Nell’occasione mi facevano mettere i piedi per terra dove precedentemente avevano versatodell’acqua. Poi provvedevano ad azionare la corrente elettrica per fare scaricare la tensione addosso a me. Subivo delle scariche elettriche violentissime. Questo avvenivacirca due volte alla settimàna. Altre volte mi picchiavano, in varie parti del corpo, con dei tubi. A volte mi legavano le braccia e poi mi appendeva in aria, per picchiarmi ripetutamente e violentemente” “Una volta, ho avuto modo di vedere che RAMBO, il nigeriano, ha ucciso dopo averlo imbavagliato e torturato a lungo, un migrante nigeriano che si trovava lì con noi.” “Ho assistito personalmente al pestaggio sino alla morte di due persone, un nigeriano minorenne e un altro uomo, anch’esso nigeriano ucciso da Rambo davanti al fratello della vittima. Nello stesso momento dell’omicidio, Rambo minacciava armato di pistola, il fratello della vittima, di non raccontare nulla alla famiglia e di farsi mandare immediatamente i soldi. Aggiungo inoltre di avere assistito a diversi violenti pestaggi operati da Rambo nei confronti di migranti.”
di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo