Secondo quanto ha stabilito la Cassazione le multe rilevate con autovelox sono legittime anche se non viene rilasciata la documentazione fotografica dell’ infrazione.
Per il Codacons si tratta di una brutta sentenza, un passo indietro nella civiltà giuridica ed un duro colpo al principio sacrosanto del contraddittorio e della parità tra difesa ed accusa. E’ evidente, infatti, che senza la necessità della prova della foto diventa quasi impossibile poter dimostrare la propria innocenza, ad esempio perchè, pur essendo nostra l’autovettura non siamo noi i trasgressori.
Una sentenza, quindi, che lede il diritto di difesa e riduce la possibilità per l’accusato di essere parte del processo, ossia di poter avere una effettiva partecipazione alla formazione del provvedimento giurisdizionale. Ritenere che la parola del vigile sia sempre giusta, salvo querela di falso, significa considerarlo infallibile.
Il Codacons chiede, quindi, al Governo di colmare alcuni vuoti normativi del Codice della Strada, in modo da non lasciarli più alla libera interpretazione di giudici e Prefetti: dall’obbligatorietà della prova fotografica in caso di contestazione non immediata alla durata minima del giallo, che deve essere di almeno 5 secondi nel caso di semavelox, dalla necessità che, in caso di semavelox, vi sia una foto che mostri il semaforo rosso e tutte e 4 le ruote del veicolo poste prima della linea d’arresto alla restituzione di soldi e punti della patente nel caso di sentenze penali (vedasi Segrate) e così via.
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Autovelox Firenze. Il Comune continua ad utilizzare quelli illegittimi
da Aduc – di Pietro Yates Moretti
Ad un anno dalla denuncia dell’Aduc sulla irregolarità degli autovelox fissi in città, e nonostante numerosissime sentenze del Giudice di pace di Firenze che le danno torto, l’Amministrazione comunale continua come se niente fosse. Il motivo è semplice: solo una piccola parte dei cittadini multati si prende la briga di fare ricorso.
La legge prevede che gli autovelox fissi possano essere utilizzati, all’interno dei centri urbani, solo su strade di scorrimento. Come ha più volte ribadito la Cassazione, “il prefetto … non può autorizzare tratti stradali diversi da quelli previsti dalla legge. La possibilità da parte del Prefetto di inserire nell’apposito elenco una strada urbana è condizionata, quindi, alla verifica della presenza delle caratteristiche indicate dall’art. 2 del Codice della strada, senza le quali la strada non può essere classificata come strada urbana di scorrimento” (sentenza n. 7872/2011).
Vediamo queste caratteristiche minime previste all’art. 2 Cds affinchè una strada urbana possa essere considerata di scorrimento:
– tutte le intersezioni devono essere semaforate. Cosi’ non e’, per esempio, per viale Etruria, viale Lavagnini e viale Gramsci, dove sono presenti incroci senza semaforo;
– per la sosta devono essere previste apposite aree o fasce laterali esterne alla carreggiata, con immissioni ed uscite concentrate. Questo non è certamente il caso dei viali Gramsci, Lavagnini e Matteotti, dove i parcheggi non sono sistemati in aree chiuse con una sola entrata o uscita, ma banalmente lungo tutta la sede stradale;
– deve essere presente la banchina pavimentata a destra (una sorta di piccola corsia di emergenza asfaltata). Ma in viale Etruria, come sugli altri viali fiorentini, non c’e’ banchina tra la striscia destra di delimitazione della carreggiata e il marciapiede o i parcheggi;
– le carreggiate devono avere almeno due corsie per ciascun senso di marcia. Non è il caso di via Senese, che ha solamente una corsia per senso di marcia.
Il Comune, con la complicità del Prefetto, vuole convincerci che basti rinominarle strade di scorrimento per far magicamente apparire le caratteristiche minime mancanti. Secondo questa stravagante teoria, si potrebbero piazzare autovelox fissi anche in Piazza Signoria: basta che il Comune la chiami strada urbana di scorrimento.
Tutto questo esemplifica ciò che sta affossando l’Italia da anni: l’assenza di legalità, in primis nelle Istituzioni. La legge è chiara, la giurisprudenza della Cassazione pure, ma il Comune le ignora entrambe, consapevole che la stragrande maggioranza dei cittadini preferisce pagare piuttosto che doversi impegnare per fare ricorso.
Anche a Firenze, come già a Roma Capitale, niente di nuovo sotto il sole…
Salute: necessarie più informazioni sulle protesi PIP
da Unione Nazionale Consumatori
Tengono banco in questi giorni le notizie sulla pericolosità delle protesi al seno PIP. La nostra Unione si chiede per quale motivo la Francia ha ritirato le protesi al seno Pip già un anno fa mentre il nostro Ministero non ha fatto immediatamente lo stesso limitandosi ad un generico invito alla cautela.
In Francia più di 30 mila donne sono state richiamate dall’autorità per espiantare le protesi che, essendo realizzate con materiale scadente, potrebbero rompersi e provocare infezioni ed in casi estremi tumori; in Italia i casi a rischio dovrebbero essere 4 mila, ma il dubbio è sulle informazioni fornite alle pazienti circa il tipo di impianto che è stata loro inserito e i rischi che corrono.
Per questo motivo, l’Istituto Superiore di Sanità ha invitato le donne che hanno subìto un impianto di protesi al seno di tipo Pip a contattare i rispettivi medici e chirurghi per ulteriori informazioni e, soprattutto, ha invitato i centri che hanno eseguito questo tipo di operazioni ad essere parte attiva nel contattare i pazienti.
L’Unione Nazionale Consumatori (www.consumatori.it) è disponibile a fornire assistenza alle persone coinvolte che possono segnalare il caso all’indirizzo e-mail consulenza@consumatori.it .
Imu, come si calcola la detrazione
di Luigi Lovecchio
fonte: sole24ore.it
Tra maggiorazioni di detrazione, assimilazioni all’abitazione principale confermate e mancate, l’applicazione dell’Imu sperimentale rappresenterà almeno nel primo anno un piccolo rebus per le famiglie.
Molti dei quesiti riguardano proprio la nuova detrazione maggiorata per i figli, introdotta in sede di conversione della manovra ‘salva Italia’ (Dl n. 201/11).
La detrazione, che si aggiunge a quella base di 200 euro, è pari a 50 euro per ogni figlio convivente, di età non superiore a 26 anni. La misura massima della maggiorazione è di 400 euro che, sommata alla detrazione di base, raggiunge quindi la cifra di 600 euro.
Va chiarito che questa nuova detrazione, che non ha precedenti nell’Ici, non è legata alla condizione di figlio a carico. I 50 euro aggiuntivi, quindi, competono anche se il figlio lavora ed ha redditi propri. Il problema che si pone riguarda le modalità di attribuzione della maggiorazione in presenza di una pluralità di contitolari dell’immobile. Al riguardo, si ricorda che la detrazione base di 200 euro si imputa a ciascun proprietario residente nell’immobile, a prescindere dalla quota di possesso. Così, per esempio, se l’abitazione è posseduta da due soggetti che vi risiedono con quote dell’80 e del 20%, la detrazione sarà imputata per 100 euro a ciascun proprietario. Non è chiaro se le stesse regole valgono per la maggiorazione. Si pensi ad esempio ad un immobile in proprietà di madre e figlio che vi risiedono unitamente alla famiglia del figlio, composta anche di due bambini e del coniuge. Se si applicassero le regole ordinarie, i 100 euro di detrazione aggiuntiva dovrebbero essere suddivise paritariamente tra i due titolari.
Ma se invece si ritiene, come sembra, che l’agevolazione è mirata alle famiglie con figli, l’intera maggiorazione dovrebbe essere attribuita al figlio comproprietario. Le cose si complicano se l’appartamento è interamente intestato ai figli (con età non superiore a 26 anni) ed è abitato dal nucleo familiare composto anche dai genitori. In questo caso, negare del tutto la maggiorazione della detrazione sarebbe contrario allo spirito della legge. Dovrebbe potersi affermare in sostanza che le quote dell’immobile intestate ai componenti del medesimo nucleo familiare, in presenza delle condizioni di legge, danno sempre diritto alle detrazioni maggiorate, a prescindere dalla titolarità formale delle stesse.
Per l’ex casa coniugale assegnata al coniuge separato o divorziato si conferma invece l’assimilazione ope legis all’abitazione principale, sia ai fini dell’applicazione dell’aliquota che della detrazione. L’unica condizione è che il coniuge non assegnatario non possieda un altro immobile ad uso abitativo nel medesimo comune. In questo caso, se dovessero trovare conferma le regole Ici, la detrazione dovrebbe essere commisurata alla quota di possesso. Ciò diversamente dalla disciplina ordinaria della detrazione. Questo significa che un immobile posseduto al 50% da ciascuno degli ex coniugi darebbe diritto alla detrazione di 100 euro per il coniuge non assegnatario e di 200 euro per il soggetto che vi abita. La maggiorazione della detrazione invece dovrebbe competere per intero al coniuge che convive con i figli, anche se la formulazione della norma non esclude una applicazione più ampia del beneficio. Estensione che sarebbe quanto mai opportuna, soprattutto nei casi in cui il coniuge non assegnatario sia unico proprietario dell’ex casa coniugale.
Dove invece non vi sono dubbi è nella mancata riproposizione dell’assimilazione relativa alle case concesse in uso gratuito a parenti. Questa fattispecie, in presenza di un regolamento comunale, sino alla fine del 2011 dà diritto all’esenzione Ici. Il decreto 201 ha tuttavia soppresso la disposizione di riferimento (articolo 59, lettera e), del decreto legislativo n. 446/97) ed ha ristretto di molto le ipotesi di assimilazione all’abitazione principale. Il risultato finale è che gli immobili in uso a parenti sono diventati, ai fini Imu, come delle seconde case, assoggettate quindi all’aliquota di base del 7,6 per mille, senza che residuino spazi per i regolamenti locali.
Dialogo, fiducia e determinazione per governare il Paese
(da Ministero Interno) Il ministro dell’Interno Cancellieri sui temi legati al suo dicastero in un’intervista alla trasmissione televisiva ‘Che tempo che fa’
Ha ricordato Oscar Luigi Scalfaro quando era suo ministro dell’Interno, il ministro dell’interno Annamaria Cancellieri, ne ha rammentato «la correttezza, la grande fermezza e soprattutto il rispetto assoluto della legge», senza dimenticarne il valore sul piano umano. La testimonianza, offerta nel corso della trasmissione su Rai 3 ‘Che tempo che fa’ condotta da Fabio Fazio, ha aperto un’intervista sui temi legati al suo dicastero: sicurezza, ordine pubblico, criminalità organizzata, immigrazione.
«Il momento – ha osservato il ministro Cancellieri nel corso dell’intervista – è molto delicato perché la situazione economica rende difficile la vita di tanta gente, ci sono tante incertezze» e c’è «il timore che qualche cane sciolto possa inserirsi», anche se, «al momento, non ci sono preoccupazioni che lasciano pensare ad eversioni terroristiche».
Il ministro è convinto che il dialogo sia alla base di qualunque rapporto: «Più ascolti, più capisci le ragioni degli altri», ed è più difficile sbagliare. Poi, ha però aggiunto, «non ci vogliono tentennamenti, ma molta determinazione».
Le infiltrazioni mafiose nelle manifestazioni dei lavoratori, i movimenti in Val di Susa che sfociano in atti violenti, gli attentati alle sedi di Equitalia, infatti, non possono essere tollerati. La violenza, ha detto, «non si può e non si deve consentire neanche alla manifestazione più sana».
Per quanto riguarda la lotta alla criminalità organizzata «non siamo all’anno zero», ha dichiarato Cancellieri annunciando di voler anticipare l’attuazione del Codice antimafia per colpire le organizzazioni mafiose con la «caccia al denaro», facendo più luce in quelle zone grigie in cui si muove. Anche le norme sugli appalti potranno divenire più efficaci, grazie all’impiego di «un rating delle aziende sane».
La sicurezza, ha affermato il ministro, «ha dei costi e questo non è il momento migliore per spendere». Il ministero dell’Interno, però, ha ricordato Cancellieri, è stato sottoposto alla spending review per ottimizzare le risorse e può contare, insieme al ministero della Giustizia, sul fondo alimentato dai beni sottratti alla criminalità organizzata.
In merito alla cittadinanza per i figli degli immigrati nati sul territorio italiano, il cosiddetto diritto ‘ius soli’, il ministro Cancellieri si è mostrata cauta, ritenendolo possibile solo dopo aver verificato l’effettiva residenza familiare e la conclusione di un percorso di studi.
Il ministro ha annunciato, inoltre, che nei prossimi giorni sarà rivista la procedura per il rinnovo del permesso di soggiorno, compreso l’aumento dei costi stabilito dal precedente governo.
Cancellieri è convinta che sia anche necessario «far crescere la cultura della fiducia», «ricreare» un rapporto di fiducia con lo Stato o, addirittura, «creare» un rapporto di fiducia, perché in alcuni casi non c’è mai stato.
Italia-programmi.net. La truffa continua. La parziale inerzia delle istituzioni
E’ una truffa a tutto tondo. Dopo sei mesi dalla nostra denuncia all’Antitrust per pratica commerciale scorretta, e le intimazioni dell’Autorita’ Garante della Concorrenza e del Mercato perche’ smettessero in questa illecita sollecitazione (intimazioni, ovviamente mai prese in considerazione), il fenomeno continua a dilagare. L’Aduc mobilitata in prima fila e i centralini di Antitrust e Polizia Postale presi d’assalto, non sono stati sufficienti a placare la furia di questa azienda che ha sede alle isole Seychelles e che ruba indirizzi mail e territoriali facendo credere che ci si stia registrando per scaricare da Internet un programma gratuito di software;
registrazione che poi viene recriminata come a pagamento e per la quale i malcapitati vengono tartassati con mail e posta prioritaria in cui si minacciano vie legali in caso di non adempimento.
La vicenda continua a montare, con centinaia di richieste quotidiane al nostro sito web e ai nostri telefoni da parte di internauti piu’ o meno spaventati.
Il problema e’ che alcune autorita’ hanno per ora sottovalutato il problema e, soprattutto la Procura della Repubblica, investita da una nostra denuncia e centinaia di altre in tutta Italia, tarda ad intervenire per porre sotto sequestro il dominio web di questi truffatori. Mentre la Polizia Postale, che comunque informa sul fatto che non bisogna pagare a fronte delle minacce che si ricevono, valuta al momento la vicenda solo in termini contrattuali e non penali: cioe’ come se fosse solo una pratica commerciale scorretta (da cui l’intimazione dell’Antitrust e la sanzione in arrivo) e non una truffa. Valutazione che a nostro avviso contribuisce al ritardo dell’azione penale contro di loro e al continuo dilagare della truffa: se in tanti si informano e non pagano, sono sempre tanti che si fanno intimorire e pagano.
Qui tutta la vicenda e i nostri consigli -non pagare e non interloquire
Affari miliardari con le elargizioni
Cinque miliardi di euro è la cifra spesa ogni anno in Germania in elemosine. Ma ai destinatari, di quei soldi ne arrivano molti di meno. Nel libro Die Spendenmafia (la mafia delle donazioni), il giornalista economico Stefan Loipfinger mette in guardia da imbroglioni e approfittatori -spesso, dice, sono le grandi organizzazioni internazionali.
D.Der Spiegel: Signor Loipfinger, nel suo libro lei traccia un parallelo tra il mondo della carità e la mafia. E’ così grave?
R.Stefan Loipfinger: Sì, lo è. Nel settore caritativo vengono movimentate somme enormi e pressoché senza controlli, ciò che lo rende molto appetibile ai truffatori. In generale non si tratta di singoli individui, bensì di grandi organizzazioni che agiscono a livello internazionale in modo ramificato. I loro metodi sono alquanto sospetti, e le dichiarazioni di chi ne è uscito fanno pensare a metodi mafiosi. Ma a differenza della pura economia criminale, qui s’aggiunge la coperta caritatevole sotto cui si può celare di tutto.
D.Cinque miliardi di donazioni l’anno in Germania sono considerevoli. Qual’è la parte che finisce nelle mani delle organizzazioni poco serie?
R.Purtroppo le cifre sono quasi inesistenti. Trasparenza è una parola poco conosciuta in quell’ambiente. In Germania ci sono 566.000 associazioni e 17.000 fondazioni; già questo ci dice che parliamo di grosse somme. Naturalmente ci sono molte organizzazioni che operano in modo serio e con dedizione umanitaria. Però rimane un ampio spazio per truffatori e collettori poco seri. Ritengo che, ogni anno, a non raggiungere i bisognosi siano importi milionari a tre cifre.
D.Ma si può ancora donare con buona coscienza?
R.Certamente. Purché il donatore sia cosciente che non ci sono solo persone ben intenzionate, ma anche lupi con manto d’agnello. Per filtrarli, l’unica cosa da fare è informarsi e non aprire subito il portafoglio per malintesa compassione. I donatori consapevoli sono molto più utili ai bisognosi.
D.Con che cosa hanno più successo i questuanti poco seri?
R.La gente è emotiva. Raramente immagini di bambini affamati o di cuccioli abbandonati non centrano il bersaglio. Ed è proprio lì che puntano gli enti poco seri. Offrono regalini, come ciondoli con l’angelo custode o talismani fatti da ragazzini -chi è che non dà volentieri qualcosa in cambio? Nel frattempo, raccogliere elemosine è divenuto un affare altamente professionale. Ci sono dei pubblicitari che s’inventano campagne molto costose; quei soldi non arriveranno mai ai destinatari. Raccogliere fondi è cosa buona di per sé, ma le proporzioni devono quadrare: gran parte delle entrate dovrebbe fluire nel progetto, invece spesso non è così.
D.Qual è la truffa più spudorata in cui è incappato?
R.Ogni caso è davvero sconfortante. Ma quello che ho trovato scandaloso è il Gandhi Hunger Fonds. Qui il nipote del Mahatma Gandhi ha fondato un ente per bambini denutriti. Solo che, dei soldi raccolti nel 2009, non un solo centesimo è finito in cibo. Al contrario, l’organizzazione si è indebitata perché il 175% degli introiti è stato speso in missive questuanti e altro.
D.Nel suo libro lei critica anche organizzazioni rinomate come la Stiftung Unesco di Ute-Henriette Ohoven o la Katarina-Witt-Stiftung. Sono sospette in uguale misura?
R.La dimensione non è un indice di serietà. Nemmeno i nomi prestigiosi danno certezze. Le strutture complicate rendono difficile l’analisi, e in molti casi si può presumere che ciò sia a sommo studio. Anche per le organizzazioni che lei cita, la gestione dei soldi affidati non si misura sempre con i criteri morali pubblicizzati all’esterno. Come mai la signora Ohoven vola in Africa nella lussuosa classe affari con i soldi della Fondazione? Quando sento queste cose mi è difficile essere cortese. Se per lei l’impegno verso i poveri è tanto importante, come spiega sulle riviste patinate, perché non si paga la promozione di tasca propria? Sarebbe coerente.
D.Come mai la gente famosa o i politici promuovono associazioni dubbie?
R.In molti casi c’è probabilmente della buona fede mista a ingenuità; talvolta magari anche il desiderio di dare l’immagine del benefattore. Il rischio di compromettere il proprio nome spesso è sottovalutato. Perché l’ex presidente della Repubblica Richard von Weizsaecker fa pubblicità all’Associazione dei cani abbandonati? Oppure “Miss Notiziario”, Dagmar Berghoff all’azione “Sogno infantile”? Tutt’e due farebbero meglio a mettere la loro notorietà al servizio di associazioni più serie.
D.E la politica assiste inerte a quel che accade?
R.Nel campo delle donazioni non esistono controlli pubblici, di fatto. Le leggi emanate tanto tempo fa sulle collette sono state abolite da dodici Laender su sedici, e mai sostituite. Le Finanze fanno accertamenti puramente formali. Manca la sensibilità verso i problemi di questo sistema, e in caso di abusi si parla quasi sempre solo di singoli episodi. Non c’è pressoché nessuno che sia cosciente della frequenza con cui viene aggirata l’intenzione dei donatori.
D.Quale regolamentazione servirebbe?
R.L’autoresponsabilità non basta, come è stato abbondantemente dimostrato. Il primo passo dovrebbe essere l’obbligo di legge alla trasparenza. Se associazioni e fondazioni fossero costrette a dichiarare come usano le loro entrate, molte elargizioni non finirebbero negli enti sbagliati. Tramite www.spendenpetition.de chiediamo che tutti gli enti con un introito annuale superiore a 30.000 euro rendano pubblico il loro bilancio.
D.Come può un donatore distinguere i buoni dai cattivi?
R.Se un’associazione si propone con immagini e testi emotivi, occorre prudenza. Anche la pressione a firmare subito un contratto associativo o una donazione duratura è un segnale d’allarme. E poi, ovviamente, è decisiva la richiesta di trasparenza. Se un ente non dà conto volontariamente della destinazione dei soldi raccolti, non merita d’essere sostenuto!
(intervista di Beatrix Boutonnet pubblicata da Der Spiegel del 25-12-2011. Traduzione di Rosa a Marca)
LOTTA ALL’EVASIONE NEL NUOVO DECRETO “SALVA ITALIA”
info@studiolegalesances.it- www.studiolegalesances.it
Ulteriore stretta all’evasione nel nuovo decreto “Salva Italia” (art. 11 del DL n.201/11, convertito il legge il 22 dicembre 2011).
Oltre alle tasse sul mattone e alla riforma previdenziale emerge dalle norme del decreto, convertito in legge il 22 dicembre scorso, una nuova arma a disposizione dell’erario per scovare i presunti evasori.
Dal prossimo anno, infatti, gli istituti finanziari saranno tenuti a comunicare all’Anagrafe tributaria tutti i movimenti dei conti correnti e ogni altra informazione utile ai controlli fiscali.
In pratica, l’Agenzia delle Entrate potrà esaminare i predetti dati per selezionare i soggetti da verificare.
Tali elementi, dunque, si vanno ad aggiungere ai dati delle dichiarazioni e fra poco anche a quelli derivanti dalle spese soggette a comunicazione al fisco (attraverso l’adozione del cosiddetto “spesometro” e del nuovo accertamento sintetico e redditometro) e determineranno senza dubbio un quadro completo e dettagliato di ogni contribuente.
Ma nel presente decreto il governo Monti non ha rivolto la sua attenzione alle sole informazioni finanziarie.
Altro forte impulso al contrasto all’evasione deriva sicuramente dall’abbassamento della soglia all’utilizzo del contante che non può essere superiore a mille euro.
Tutte le eventuali violazioni relative al predetto limite dovranno essere comunicate all’Agenzia delle Entrate che sarà chiamata ad attivare specifiche verifiche fiscali.
Alla luce di tutto quanto illustrato, appare chiaro che il vero problema per lo Stato sarà quello di riuscire da una parte ad utilizzare nel miglior modo possibile questo immenso patrimonio di informazioni e dall’altra di garantire finalmente la giusta difesa alle persone soggette a verifica, magari costituzionalizzando i diritti già riconosciuti dallo Statuto del Contribuente (Legge n.212 del 27 luglio 2000) che troppe volte sono stati “dimenticati” sia dal Legislatore che dagli stessi Giudici Tributari.
Avvocati: se il cliente non paga, il fascicolo va restituito?
da Casa del Consumatore
Non eravate soddisfatti del vostro avvocato ed avete cambiato difensore? In casi come questi sappiate che dovete pagare tutti i compensi dovuti al vostro precedente avvocato.
Cosa capita peró se ci sono contestazioni sulla sua parcella o non siete in grado di pagare subito il dovuto? Può il “vecchio” difensore rifiutarsi di consegnarvi il fascicolo con i vostri documenti e gli atti di causa se non gli avete pagato integralmente la parcella?
Con una recente sentenza le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno detto no, l’avvocato vi deve consegnare subito tutto, anche se i suoi onorari non sono stati ancora pagati.
Se non lo fa, incorre in un illecito disciplinare, che deve essere sanzionato dal Consiglio dell’Ordine di appartenenza. Nel caso sottoposto alla Corte l’avvocato, ricevuta la revoca del mandato, si era di fatto sottratto dal restituire al cliente la sua documentazione e persino la sentenza, impedendogli di poter agire contro la parte che aveva perso la causa.
Il cliente a quel punto aveva presentato un esposto contro l’avvocato e il Consiglio dell’ordine gli aveva applicato una sanzione disciplinare. La Cassazione, nel dar ragione al Consiglio Nazionale Forense, ha confermato che l’avvocato, anche se non ė stato ancora pagato per le sue prestazioni, ė obbligato a restituire tutta la documentazione al cliente, senza perdite di tempo e ostacoli di sorta.
10 regole sul corretto uso dei botti di fine anno
1. Usare solo prodotti legali, l’etichetta deve riportare il numero del decreto ministeriale che ne autorizza il commercio; il nome del prodotto; la ditta produttrice, la categoria e le modalità d’uso che devono essere seguite attentamente.
2. acquistare giochi pirotecnici esclusivamente nei negozi autorizzati e mai sulle bancarelle che non abbiano esposta la licenza specifica per trattare questo genere di prodotti;
3. accenderli all’aperto e allontanarsi quando la miccia viene accesa;
4. tenerli lontani dal proprio corpo;
5. accendere un fuoco alla volta ed evitare che al momento dell’ accensione ci siano altri fuochi vicini;
6. non indossare mai al momento dell’accensione giacconi o maglioni di pile o fibra sintetica, e nemmeno indumenti acetati come tute sportive;
7. non raccogliere botti abbandonati e dirlo ai bambini di non farlo mai;
8. non farli accendere dai bambini, senza una presenza di adulti accanto;
9. evitare di acquistare quelli troppo sofisticati, è meglio lasciarli ai fuochisti esperti;
10. se un botto non è esploso non avvicinarsi troppo non prenderlo con le mani e immergerlo in un secchio d’acqua.