Nel giro di pochi giorni, la Squadra Mobile della Questura fiorentina ha risolto il mistero della morte violenta di Ashley Olsen, la giovane americana trovata priva di vita il 9 gennaio scorso, all’interno del monolocale di via Santa Monaca 3, in Firenze, città dove viveva da circa quattro anni. Ad ucciderla sarebbe stato Diaw Cheiktidian, 27 enne cittadino senegalese, arrivato clandestinamente in Italia alcuni mesi fa, per ricongiungersi con un suo fratello.
Gli sviluppi delle indagini che hanno portato al fermo del senegalese, gravemente indiziato di omicidio doloso aggravato dalla crudeltà e per aver agito nei confronti di un soggetto in condizioni di minorata difesa, sono stati spiegati dal Procuratore Capo di Firenze, Dr. Giuseppe Creazzo, nel corso di una conferenza stampa, il quale, tra l’altro, ha precisato “Abbiamo dovuto chiudere le indagini per impedire che il sospettato fuggisse; le prove finali, decisive, che ci hanno indotto ad emettere il fermo, sono arrivate solo ieri sera (mercoledì 13 – n.d.r.) e consistono nel risultato delle analisi del dna”.
Pare che la Ashley Olsen ed il suo presunto assassino si fossero conosciuti la notte stessa del delitto in una discoteca fiorentina (il club Montecarla in via de’ Bardi), per poi recarsi presso l’abitazione della ragazza. Una volta a casa, dopo un rapporto sessuale consenziente, per motivi ancora da appurare compiutamente, avevano avuto un litigio, culminato con l’omicidio della giovane statunitense.
Dai primi risultati dell’autopsia, sono emersi segni di strangolamento e due fratture alla base del cranio, le quali, verosimilmente, già da sole sarebbero state sufficienti ad ucciderla.
Evidenti e schiaccianti sembrano essere le prove a carico dell’indagato: a) numerosi sono i testimoni che lo avevano visto allontanarsi dalla discoteca in compagnia della ragazza, così come diverse sono le telecamere che li avevano ripresi insieme; b) dopo aver ucciso la Ashley Olsen, il senegalese si è allontanato dal luogo del delitto portando via il telefonino della giovane e poi inserendovi la propria scheda sim, con cui, il giorno seguente, ha fatto alcune telefonate alla sua ragazza italiana, prima di gettarlo via e di inserire di nuovo la sim nel suo cellulare.
Peraltro, come già evidenziato, fra le prove finali che hanno fatto scattare il fermo, i risultati delle analisi del dna sui reperti biologici prelevati dalla polizia scientifica in occasione del primo sopralluogo sulla scena del crimine: un profilattico ed una cicca di sigarette. In occasione dell’autopsia, inoltre, erano state repertate tracce biologiche presenti nella vagina della Ashley Olsen e residui di pelle rinvenuti sotto le sue unghie. Il dna di tutti i campioni combacia con il dna del senegalese sospettato dell’omicidio!
Diversamente da quanto sospettato in un primo momento, non è stata acclarata l’ipotesi del “gioco erotico” e, sempre in base a ciò che ha riferito dal Dr. Creazzo “è possibile che i due protagonisti non fossero lucidi, aspettiamo gli esami tossicologici su Ashley, abbiamo elementi per pensare che avessero assunto sostanze che non li rendevano lucidi, alcol di sicuro, forse altro”.
Diaw Cheiktidian, dopo il fermo, assistito dall’avvocato Antonio Voce, ha subito un lungo interrogatorio, durante il quale, messo di fronte ai numerosi elementi probatori a suo carico, ha finito con l’ammettere di aver spinto violentemente a terra Ashley, negando, però, di averla strangolata e di averla voluta uccidere.
Nella sua “confessione”, il senegalese ha affermato che la lite sarebbe nata dopo il rapporto sessuale, in quanto la ragazza voleva mandarlo via: “Mi ha detto vattene, deve arrivare il mio fidanzato, e mi ha spinto alla porta. A quel punto, egli l’avrebbe colpita con un pugno alla nuca, urlandole “Mi hai trattato come un cane!” A causa del pugno, lei sarebbe caduta, per poi rialzarsi e spingerlo; al che, lui avrebbe reagito strattonandola violentemente, facendola cadere di nuovo; in occasione della seconda caduta, Ashley avrebbe battuto la testa al pavimento.
di Umberto Buzzoni