Brindisi: ricompare la Sacra Corona Unita

Sembrava sparita e invece La Sacra Corona Unita, a Brindisi, stava riorganizzando le proprie fila arruolando giovanissimi e mettendo, a capo della struttura, le proprie donne.

Questo è quanto ha scoperto la Squadra mobile brindisina che, dopo tre anni di attività, ha chiuso il cerchio sul clan Pasimeni – Vicentino, arrestando 27 persone e denunciando a piede libero altri sette affiliati.

Per molti dei giovani arrestati è la prima accusa di crimini commessi con l’aggravante delle modalità mafiose, segno che la struttura era ancora in fase di sviluppo.

I reati attribuiti agli arrestati sono quelli tipici delle organizzazioni mafiose: estorsioni, danneggiamenti ed incendi in danno di attività commerciali. Ma l’attività più redditizia e strategica per il clan era il controllo della droga nel quartiere S. Elia.

Gli investigatori hanno anche delineato il ruolo di vertice delle mogli dei boss reclusi; questi ultimi impartivano ordini diretti alle loro compagne che poi si occupavano della gestione degli affari e della trasmissione delle direttive ai componenti del clan.

Attraverso le indagini la Polizia è riuscita anche ad identificare beni del valore di centinaia di migliaia di euro: almeno una concessionaria di auto ed una villa, sottoposte a sequestro, sono riconducibili in modo diretto all’attività del clan.

fonte Polizia di Stato

In memoria di Rosario Sanarico

E’ il pomeriggio di venerdì 19 febbraio; alcuni sommozzatori della Polizia di Stato stanno scandagliando le acque limacciose del fiume Brenta, in località Noventa Padovana, vicino alla chiusa di Stra, alla ricerca del cadavere di Isabella Noventa, la 55enne padovana scomparsa da circa un mese. E’ qui, infatti, che il suo ex fidanzato, il ballerino Freddy Sorgato, per sua stessa ammissione, nella notte del 16 gennaio scorso, dopo aver ucciso la donna, avrebbe gettato il corpo.

Per i sub della Polizia di Stato, di grandissima professionalità ed abituati ad affrontare il rischio, è normale routine; inoltre, il poliziotto che sta effettuando l’immersione è uno dei sommozzatori più qualificati: è Rosario Sanarico, da tutti chiamato affettuosamente “Sasà”, 52enne, Ispettore Superiore in forza al Centro Nautico e Sommozzatori di La Spezia, con un’esperienza trentennale nelle immersioni. Questa volta, però, accade l’imprevedibile, qualcosa non va per il verso giusto: dopo alcune ore di immersione, Rosario Sanarico rimane incastrato sul fondale del Brenta. I soccorritori impiegano 45 minuti per riportarlo in superficie. Sono attimi concitati, di grande tensione: il primo tentativo di rianimazione sul posto, l’arrivo delle autoambulanze, la corsa verso l’ospedale civile di Padova, il nuovo tentativo di rianimazione. Tutto inutile, il destino di Sasà è drammaticamente segnato: a distanza di alcune ore, il cuore dell’eroico sommozzatore cessa di battere a causa dell’asfissia prolungata.

E’ così che è volato via “Sasà”, il gigante buono del CNeS di La Spezia, eroe silenzioso, lasciando nello sconforto più totale parenti, amici e colleghi, ma soprattutto la moglie Antonella e i figli Alessio ed Annavera, rispettivamente di anni 7 e 26. L’Ispettore Superiore Rosario Sanarico era nato a Napoli il 10 ottobre 1963; entrato nella Polizia di Stato non ancora ventenne, nel 1984 era stato assegnato al Centro Nautico e Sommozzatori di La Spezia, dove aveva conseguito una lunga serie di abilitazioni professionali, che lo avevano portato ad assumere incarichi di crescente importanza nel Nucleo Sommozzatori.

Noto per la sua generosità e lealtà, oltre che per le spiccate qualità professionali, aveva svolto numerosi interventi in condizioni estremamente difficili, tra i quali, ad esempio, i soccorsi in occasione del naufragio della Costa Concordia. Il suo curriculum professionale vanta anche molti riconoscimenti ottenuti per l’attività svolta, tra cui l’Attestato di Pubblica Benemerenza “come testimonianza per l’opera e l’impegno prestato in interventi di protezione civile”.

Numerose le espressioni di cordoglio. Il Ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha inviato un telegramma al Capo della Polizia, nel quale, tra l’altro, si legge “Un pensiero commosso alla famiglia dell’Ispettore Superiore Sanarico e alla Polizia di Stato. Ancora una volta la dedizione e l’impegno delle Forze dell’Ordine non conosce limiti, anche a sacrificio della propria vita”. Il Capo della Polizia, Alessandro Pansa, che conosceva personalmente il povero Rosario Sanarico, così lo ha ricordato: “Sono particolarmente colpito da ciò che è accaduto. E’ morto un operatore di grandissima professionalità; ho condiviso con lui la mia passione di subacqueo, ho fatto molte immersioni anche con l’ispettore che io chiamo ancora Sasà. Era un uomo molto generoso e bravo che, probabilmente, confidando nella sua bravura, ha messo a rischio la sua vita per il suo lavoro, per la sua divisa nella quale credeva profondamente”.

Il Questore di Padova, Gianfranco Bernabei, ha sottolineato: “La Polizia di Stato piange un suo grande eroe, un gigante buono con esperienza trentennale che si era offerto volontario con il suo consueto impegno e la forte motivazione che lo contraddistingueva, per partecipare alle ricerche del cadavere di Isabella Noventa, alla guida dei suoi uomini del Centro Nautico e Sommozzatori della Polizia di Stato di La Spezia. Un grande esempio del senso dello Stato e di dedizione al dovere che lo ha spinto a sacrificare la sua stessa vita. Siamo stretti intorno alla moglie Antonella e ai figli Alessio e Annavera in questo momento di grande dolore”.

Il Sindaco di La Spezia, Massimo Federici, ha deciso di proclamare per oggi, giorno delle esequie in forma solenne, il lutto cittadino. “La città di La Spezia – si legge in una nota dell’Amministrazione Comunale” – si stringe attorno alla famiglia e ai colleghi dell’ispettore Rosario Sanarico, partecipando alla grande commozione che la morte dell’ispettore del Cnes ha suscitato nella comunità e nell’intero Paese”. Il feretro di Rosario Sanarico, partito da Padova scortato da un equipaggio della Squadra Volante della Questura e da una pattuglia della Polizia Stradale del capoluogo veneto, è giunto nella camera ardente allestita nella Cappella del Centro Nautico e Sommozzatori della Polizia di Stato a La Spezia.

Come detto, oggi, alle ore 16.00, si terranno i funerali in forma solenne, alla presenza del Vice Capo Vicario della Polizia, Prefetto Luigi Savina, nella chiesa parrocchiale di San Michele Arcangelo a Pegazzano (La Spezia).

Addio Ispettore Superiore Rosario Sanarico, addio “Sasà”, amato figlio della Polizia di Stato, amato figlio di un Italia che ti sarà sempre grata per la tua nobiltà d’animo, per il tuo altruismo, per la tua generosità, per la tua dedizione al dovere e per il tuo spirito di sacrificio espressi fino alle estreme conseguenze.

Direttore Umberto Buzzoni

Cagliari: poliziotto ucciso dal cognato che tentava il suicidio

Funerali solenni e lutto cittadino domani a Soleminis, la cittadina che dista 15 chilometri da Cagliari, dove sabato 20 febbraio il sostituto commissario Maurilio Vargiu di 51 anni è stato ucciso, con un colpo di fucile, dal cognato.

Secondo la ricostruzione della dinamica, Gian Priamo Piras, cognato del sostituto commissario, aveva manifestato nella mattinata propositi di suicidio, imbracciando un fucile da caccia; la moglie, sorella di Maurilio Vargiu, ha immediatamente chiesto aiuto al fratello per far desistere il marito dal suo proposito.

Il poliziotto, nell’attesa dell’arrivo dei Carabinieri avvisati dalla sorella, è andato a casa del cognato che aveva già esploso un colpo di fucile, nel tentativo di uccidersi.

Vargiu, raggiunta l’abitazione del cognato, non ha avuto nemmeno il tempo di parlare con il cognato.

Quest’ultimo, infatti, alla vista del poliziotto che stava entrando in giardino ha esploso un colpo al volto del sostituto commissario. Piras, subito dopo, ha esploso verso di sé un altro colpo restando ferito.

Il sostituto commissario, in servizio dal 1988, lavorava nella questura di Cagliari e lascia una moglie e due figli.

fonte Polizia di Stato

Il capo della Polizia inaugura il Centro polifunzionale di Trieste

Il capo della Polizia Alessandro Pansa ha inaugurato, questa mattina, il Centro polifunzionale della Polizia di Stato di Trieste. Il Centro è stato intitolato all’ispettore Luigi Vitulli vittima del dovere e medaglia d’oro al valor civile alla memoria.

Alla cerimonia ha partecipato anche la figlia dell’ispettore Vitullo, operatore tecnico della Polizia di Stato, che ha scoperto la targa intestata al padre, rimasto ucciso il 4 dicembre del 1999 durante un conflitto a fuoco con un pluripregiudicato a cui aveva notificato l’esecuzione della pena in carcere.

All’interno del comprensorio oltre al commissariatoPolo San Sabba“, sono ospitati alcuni uffici della questura, l’Autocentro, la Polizia stradale e uffici logistici provinciali e della frontiera di Trieste.

Ricevuta la benedizione da parte del cappellano della Polizia di Stato don Paolo Rakic, il capo della Polizia ha tagliato il nastro e dopo un breve discorso del questore di Trieste, Antonio Maiorano e quello del sindaco Roberto Cosolini, Pansa ha ricordato il sacrificio di Rosario Sanarico, ispettore superiore di 52 anni, esperto sommozzatore dei Reparti speciali deceduto ieri.

“Sono particolarmente colpito da ciò che è accaduto ieri, è morto un operatore di grandissima professionalità. Ho condiviso con lui la mia passione di subacqueo, ho fatto molte immersioni anche con l’ispettore che io ancora chiamo Sasà. Era un uomo molto generoso e bravo che probabilmente, confidando nella sua bravura ha messo a rischio la sua vita per il suo lavoro, per la sua divisa nella quale credeva profondamente”.

Alessandro Pansa nel pomeriggio raggiungerà Padova per portare le condoglianze alla famiglia di Rosario Sanarico.

fonte Polizia di Stato

Catania: rapina in strada in pieno centro, tre arresti

Avevano rapinato, in strada, il direttore di un negozio di elettrodomestici che stava portando l’incasso in banca ma, grazie alle telecamere di sorveglianza, sono stati individuati ed arrestati dalla Squadra mobile. È successo a Catania, nella centrale piazza Grenoble l’8 febbraio scorso.

La vittima intorno, alle 10,30, si stava recando in banca a versare l’incasso dell’esercizio commerciale. L’uomo veniva avvicinato, alle spalle, da un motorino con a bordo due individui che tentavano di strappargli la busta contenente il denaro.

Il direttore dell’esercizio commerciale, però, schivava lo scippo e, di corsa, si rifugiava dentro una panetteria; l’uomo veniva inseguito da uno dei due a piedi, con la pistola in pugno e dell’altro, alla guida del ciclomotore. Nell’entrare nel negozio, la vittima, perdeva del denaro, circa 7 mila euro, che venivano raccolti dal rapinatore. Ritenutosi soddisfatto, il criminale usciva dalla panetteria e si dava alla fuga con il complice.

Oltre ai due esecutori materiale del fatto, gli investigatori della Mobile, nei giorni seguenti, individuavano anche un terzo complice che aveva fornito il motorino. Oggi, il cerchio si è chiuso intorno ai criminali che sono stati sopposti a fermo e portati in carcere.

fonte Polizia di Stato

Trento: operazione antidroga “Mandinka”, 11 arresti

Dopo la morte di un tossicodipendente e diversi casi di overdose a Trento, la Squadra mobile ha aperto un’indagine individuando la banda di spacciatori e trafficanti. Questa mattina gli agenti della Questura hanno dato esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare nei confronti di 17 cittadini del Gandia, in Italia perché richiedenti asilo per motivi politici/umanitari.

Dei 17 dell’ordinanza 11 sono state arrestati, 2 persone hanno l’obbligo di firma e 4 sono state denunciate a piede libero; tra queste anche un minore che contestualmente è stato segnalato alla Procura della repubblica per i minori di Trento.

L’operazioneMandinka” ha portato alla luce un intenso traffico di droga e riciclaggio di denaro tra Rovereto e Trento gestito dall’organizzazione criminale, e inoltre, gli investigatori sono riusciti a ricostruire anche la provenienza e la distribuzione della droga killer.

Lo stupefacente partiva da Napoli, passava da Roma e poi raggiungeva la Provincia autonoma di Trento per essere smistata tra i vari componenti della banda e poi spacciata tra i giovani.

Durante le indagini sono state sequestrate notevoli quantità di stupefacente e diverse migliaia di euro, è stato contestato, inoltre, il reato di riciclaggio nei confronti di uno dei componenti dell’organizzazione; infatti è emerso che il denaro, ricavo dello spaccio, veniva settimanalmente inviato in Gambia attraverso dei connazionali, residenti a Milano, che fungevano da corrieri. Il giro d’affari è risultato essere di alcuni decine di migliaia di euro.

fonte Polizia di Stato

Ancora una storia di “ordinaria corruzione” in Lombardia: 21 arresti per appalti truccati

Tutto cominciò in un freddo mattino del 17 febbraio 1992, quando un giovane sostituto della Procura di Milano, Antonio Di Pietro, fece “scattare” le manette ai polsi dell’ingegnere Mario Chiesa, presidente del Pio Albergo Trivulzio, nonché esponente di spicco del Partito Socialista Italiano, con l’ambizione di diventare sindaco di Milano. Lo arrestarono dopo che aveva appena intascato una “bustarella” di sette milioni di lire (la metà del pattuito) dal proprietario di una piccola azienda di pulizie che, come altri fornitori, era costretto a versare il suo obolo per aggiudicarsi un appalto. Dopo un’iniziale reticenza, l’accusato, sotto interrogatorio, rivelò la diffusione capillare del sistema delle tangenti, a beneficiare del quale erano politici e partiti di ogni colore, specialmente quelli al governo. E’ così che nasce ufficialmente “mani pulite” o “tangentopoli” che dir si voglia.

Dopo la vicenda di Mario Chiesa, un fiume in piena inondò tutta la penisola: un insieme di inchieste che portarono alla luce un sistema di corruzione, concussione e finanziamento illecito dei partiti ai livelli più alti del mondo politico e finanziario italiano. Centinaia furono gli arresti tra i personaggi più in vista del mondo economico e politico, e tutto ciò portò alla crisi, e addirittura alla scomparsa, di alcuni tra i maggiori partiti politici dell’epoca, tanto da far parlare del passaggio ad una “Seconda Repubblica”. La società civile, quella “buona”, quella che gronda sudore per portare a fine giornata il pane a casa, all’inizio smarrita e scioccata, cominciò a parteggiare in modo sempre più appariscente per i magistrati che conducevano le inchieste, osannandoli come eroi, manifestando, nel contempo, disgusto e indignazione verso quella classe dirigente corrotta. Con “mani pulite” tutti ci sentimmo sollevati e gratificati: pensavamo di esserci finalmente liberati da quel cancro del malaffare, le cui metastasi si erano estese alla maggior parte delle istituzioni pubbliche.

Nulla di più sbagliato ed illusorio! Numerose altre inchieste poi succedutesi nel tempo hanno drammaticamente dimostrato che quel cancro non è stato mai estirpato, anzi, con molta probabilità, è diventato ancor più vorace. Solo a titolo di esempio, tra le ultime vicende in ordine di tempo ricordiamo le tangenti per il Mose (il sistema di dighe veneziano), le tangenti Expo (che hanno riguardato le gare di appalto per la realizzazione degli spazi nell’esposizione universale di Milano), quelle alla marina militare di Taranto, quelle relative alla manutenzione stradale dell’Anas e l’inchiesta nota come “Mafia Capitale”, nome con cui viene indicata una presunta associazione per delinquere di tipo mafioso-politico-imprenditoriale, che operava a Roma a partire dal 2000 circa.

Non a caso, in fatto di corruzione, occupiamo il 61° posto su 168 Paesi nel mondo, con un voto di 44 su 100. E’ questo il dato che emerge dal nuovo Indice di percezione della corruzione (CPI) di Transparency International, appena presentato a Roma presso la sede di Unioncamere. A livello europeo, inoltre, ci troviamo in fondo alla classifica, seguiti solamente dalla Bulgaria e dietro ad altri Paesi generalmente considerati molto corrotti, come Romania e Grecia, entrambi in 58° posizione (nel mondo) con un punteggio di 46. In verità qualcosa di positivo comincia ad intravedersi: rispetto all’anno scorso, quando eravamo al 69° posto nella classifica mondiale ed addirittura il Paese europeo più corrotto, qualche posizione l’abbiamo recuperata!

Ma eccoci alla cronaca di oggi: ancora arresti nella Sanità lombarda. Di nuovo imprenditori e politici accusati di corruzione, dopo gli scandali San Raffaele e Maugeri, ai tempi dell’allora giunta guidata da Roberto Formigoni. Questa volta, un’inchiesta denominata “Smile”, coordinata dalla Procura della Repubblica di Monza, ha consentito di ricostruire come un gruppo imprenditoriale avrebbe turbato in proprio favore l’aggiudicazione di una serie di appalti pubblici banditi da diverse aziende ospedaliere, per la gestione, in outsourcing, di servizi odontoiatrici, corrompendo i funzionari preposti alla gestione delle gare. Le indagini, avviate nel 2013, parlano di un giro di affari di oltre 400 milioni di euro.

Sono 21 le ordinanze di custodia cautelare (9 in carcere, 7 ai domiciliari e 5 con obbligo di firma) emesse dal gip presso il tribunale di Monza, che i carabinieri del Comando Provinciale di Milano hanno cominciato ad eseguire dalla mattinata di martedì 16. Le accuse sono di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione, turbata libertà degli incanti e riciclaggio. Molti i nomi eccellenti tra gli indagati, tra i quali spicca quello di Fabio Rizzi, ex senatore della Lega Nord, presidente della Commissione Regionale Sanità, “padre” della riforma della sanità lombarda approvata lo scorso agosto, nonché vero e proprio braccio destro del governatore Roberto Maroni. A quanto si è appreso, Rizzi sarebbe stato arrestato e condotto in carcere, mentre sua moglie, pure coinvolta nell’inchiesta, pare sia stata posta ai domiciliari.

Tra gli arrestati anche Valentino Longo, imprenditore vicino allo stesso Rizzi, e sua moglie, posta ai domiciliari. Alle mogli di Rizzi e Longo era intestato il 50% delle quote di società odontoiatriche aperte insieme all’imprenditrice 55enne Maria Paola Canegrati, anche lei arrestata, definita dalla Procura di Monza la “principale indagata nell’inchiesta”. Vedremo quali saranno gli sviluppi dell’inchiesta, in attesa del prossimo “scandalo” che di certo non tarderà a balzare agli onori della cronaca, in quest’Italia martoriata dalla corruzione, i cui effetti sono devastanti per l’economia, ed in cui il pericolo più serio per la collettività è una rassegnata assuefazione al malaffare, visto come male senza rimedi.

di Umberto Buzzoni

Pavia: furti al Policlinico, 13 arresti

Tutto è partito da una denuncia sporta nel 2013 da un ex dipendente di una cooperativa costretto a licenziarsi perché non voleva adeguarsi alle loro ruberie di cibo all’interno dei locali della mensa e cucina del Policlinico. È successo a Pavia dove la Squadra mobile ha arrestato 12 dipendenti del Policlinico San Matteo ed uno di una cooperativa di servizi ausiliari di pulizia per reati di peculato e furto aggravato. Gli arrestati sono responsabili di ben 222 episodi di furto. Le persone indagate sono 48.

Dalle indagini i poliziotti hanno potuto constatare come il reparto mensa e cucina dell’ospedale, negli orari di cambio turno e serali, fosse preso d’assalto come un vero e proprio supermercato, così come le celle frigorifere fossero diventate luoghi di “spesa” dove le persone prendevano e imboscavano la merce.

Anche una guardia giurata, addetta al servizio di vigilanza interno, che avrebbe dovuto vigilare che ciò non accadesse, commetteva furti ed attualmente risulta indagata.

fonte Polizia di Stato

Festival di Sanremo sicuro con la Polizia di Stato

Spente le luci sul 66° Festival della canzone italiana di Sanremo, tra i bilanci che si fanno c’è anche quello che riguarda la sicurezza dell’evento.

L’imponente dispositivo, messo a punto dalla questura di Imperia e attuato durante la settimana della manifestazione canora, ha permesso a tutti i presenti di fruire dello spettacolo nella massima sicurezza.

È proprio il questore di Imperia Leopoldo Laricchia, in un’intervista, a raccontare di alcuni particolari come la “No fly zone” attuata sul centro di Sanremo, e le bonifiche costanti e a campione effettuate in tutti i luoghi dove si è svolto il festival.

fonte Polizia di Stato

Virus web Cryptolocker, l’allerta della polizia postale di Parma

La polizia postale ha diffuso con una nota un’allerta per gli utenti del web sul virus Cryptolocker, in grado di bloccare l’acceso ai file suol proprio computer. Le forze dell’ordine raccomando di non versare alcuna somma ai criminali informatici e di rivolgersi per tutte le informazioni al commissariato on-line della polizia di Stato, disponibile anche tramite app su smartphone e tablet.

L’ALLERTA – Negli ultimi giorni la polizia postale e delle comunicazioni ha registrato una nuova ondata di attacchi attraverso invio di mail contenenti il già noto virus Cryptolocker, che imperversa ormai da un po’ di tempo sul web.

Purtroppo, nonostante gli sforzi investigativi abbiano già consentito di individuare diversi individui e gruppi organizzati, sia italiani che stranieri, impegnati nella organizzazione e realizzazione di simili campagne malevole, la estesa diffusione del fenomeno e la costante per cui l’attacco si rivela possibile, sempre e comunque grazie ad un comportamento disattento dell’utente, hanno indotto la specialità ad aumentare le misure di prevenzione attraverso ogni strumento utile a garantire la sicurezza di chi naviga in Rete.

Lo scenario è il seguente: l’ignaro utente riceve sulla propria casella di posta elettronica un messaggio che fornisce indicazioni ingannevoli su presunte spedizioni a suo favore oppure contenente un link o un allegato a nome di istituti di credito, aziende, enti, gestori e fornitori di servizi noti al pubblico.

Cliccando sul link oppure aprendo l’allegato (solitamente un documento in formato pdf o zip), viene iniettato il virus che immediatamente cripta il contenuto delle memorie dei computer, anche di quelli eventualmente collegati in rete.

A questo punto si realizza il ricatto dei criminali informatici che richiedono agli utenti, per riaprire i file e rientrare in possesso dei propri documenti, il pagamento di una somma di alcune centinaia di euro in bitcoin la moneta virtuale (ndr) a fronte del quale ricevere via e-mail un programma per la decriptazione. È importante non cedere al ricatto, anche perché non è certo che dopo il pagamento vengano restituiti i file criptati. Tenere sempre aggiornato il software del proprio computer, munirsi di un buon antivirus, fare sempre un backup, ovvero una copia dei propri file, ma soprattutto fare attenzione alle mail che ci arrivano, specialmente se non attese, evitando di cliccare sui link o di aprire gli allegati, sono i consigli più importanti da seguire per impedire l’infezione del Cryptolocker.

Per maggiori informazioni e assicurare un contatto diretto e continuativo con il cittadino, si può fare riferimento anche al Commissariato di P.S. on line, per tutti coloro che frequentano la rete, caratterizzato da innovativi sistemi di interattività con l’utente, reperibile all’url: www.commissariatodips.it.

Il portale è stato integrato con apposita “app” scaricabile gratuitamente dal proprio smartphone o dall’iPad per consentire di venire incontro alle crescenti richieste di assistenza e di aiuto degli utenti della rete, in tempo reale, e di conoscere sempre di più il mondo del web, i suoi rischi e le sue opportunità.

In tale contesto, la polizia postale e delle comunicazioni ha concluso, alla fine dello scorso anno, alcune attività che hanno permesso di sgominare un’organizzazione criminale per associazione per delinquere finalizzata all’accesso abusivo informatico, estorsione on line e riciclaggio degli illeciti proventi realizzati mediante la diffusione del virus in argomento, di cui sono rimaste vittima privati cittadini ma anche aziende, private e pubbliche.

fonte Repubblica.it