Roma: arrestato in Germania l’omicida di Salpietro

Un’indagine durata due anni della Sezione omicidi della Squadra mobile di Roma ha permesso di identificare e arrestare l’omicida di Michelangelo Salpietro, 59 anni, avvenuto nel luglio del 2013, a Roma.

L’uomo è stato arrestato nei giorni scorsi ad Amburgo in Germania. Fin dalle prime indagini si era appurato che la vittima conosceva da un po’ di tempo un uomo dell’Est, che frequentava la sua abitazione.

Il cadavere di Salpietro venne ritrovato riverso a terra nella sua camera da letto, immobilizzato e vistosamente percosso. L’autopsia accertò che la morte era sopravvenuta per le gravi lesioni riporte durante la violenza subita.

Dopo aver incrociato dati, analizzato rilievi e dalle analisi dello stato dei luoghi e successivamente dalle intercettazioni telefoniche e dalle testimonianze, gli investigatori erano risaliti ad un giovane cittadino rumeno.

L’omicida, dopo aver assassinato Salpietro ed avergli rubato telefoni cellulari, oro ed altri oggetti di valore era rientrato in Romania e, successivamente, si era trasferito, con la compagna, in Germania.

Ottenuto il mandato di arresto europeo è stata avviata una intensa collaborazione con il Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia e gli uffici di polizia tedesco e romeno; grazie a tale supporto, il ricercato è stato localizzato e arrestato proprio ad Amburgo, nei giorni scorsi.

fonte Polizia di Stato

Il “caso” Regeni

E’ trascorso quasi un mese da quando Giulio Regeni, il 28enne ricercatore friulano scomparso la notte del 25 gennaio a Il Cairo, fu ritrovato privo di vita ai margini dell’autostrada, alla periferia della capitale egiziana: il corpo martoriato da atroci segni di tortura.

Un mese che non è stato sufficiente per fare un minimo di chiarezza su questo orrendo crimine; anzi, più passa il tempo, più il mistero si infittisce, anche a causa dell’ambiguo comportamento e delle “verità nascoste” delle autorità egiziane.

Circa il movente, infatti, sono ben cinque le diverse tesi sostenute in ordine di tempo dagli investigatori del Cairo: incidente stradale, rapina, omicidio a sfondo sessuale, uccisione per mano di spie dei Fratelli Mussulmani per creare imbarazzo al governo di  Al Sisi, vendetta privata connessa con il mondo della droga. Come se non bastasse, quindi, ora si tenta addirittura di gettare fango sulla vita privata del povero Regeni, nel tentativo ignobile di collegarlo allo spaccio e consumo di stupefacenti, tanto che già si vocifera dell’imminente arresto di uno spacciatore che bazzicava nel quartiere di al Dokki, dove il ricercatore viveva.

Menzogne su menzogne! Le uniche verità sembrano provenire dalla Procura di Roma: “Giulio Regeni frequentava persone del mondo universitario, non faceva uso di droghe (lo confermano i primi esiti degli esami tossicologici), conduceva una vita piuttosto ritirata al Cairo, non aveva contatti con persone equivoche, non aveva rapporti con servizi segreti italiani o stranieri. Giulio Regeni è stato ucciso da professionisti della tortura, persone esperte in crudeltà, per motivi legati al suo lavoro di ricerca”.

A questo punto, per sperare che si faccia luce sulla vicenda, non possiamo che affidarci all’inchiesta della procura capitolina; del resto, la cooperazione tra gli apparati di sicurezza egiziani ed il nostro team investigativo (Sco, Ros e Interpol), presente in loco sin dal 5 febbraio, è del tutto inesistente, se si considera che gli investigatori italiani non hanno possibilità di accesso ai documenti sonori e filmati, ai reperti medici, agli atti dell’inchiesta in possesso della Procura di Giza. Tra l’altro, nulla di quanto richiesto con una rogatoria ufficiale inviata da oltre dieci giorni per via consolare, è stato consegnato.

I pm romani, che, come sottolineato, in base agli elementi finora raccolti escludono tutte le ipotesi sul possibile movente fatte filtrare dall’Egitto, ora puntano ad avere il maggior numero possibile di dettagli sulla vita privata di Giulio Regeni. In questo contesto  sono state inoltrate richieste ai responsabili dei più diffusi social network, al fine di ottenere informazioni e password di alcuni profili del giovane ricercatore. Attraverso l’accesso a tali profili, infatti, si potrebbero acquisire ulteriori notizie sulla sua attività e le relazioni che intratteneva in Egitto ed altrove. Gli inquirenti ritengono, inoltre, che di rilevante importanza  sarebbe l’acquisizione dei dati relativi ai dispositivi gps collegati al telefono cellulare attraverso i social, telefono mai ritrovato dopo la scomparsa del Regeni.

Intanto, dovrebbe essere imminente il deposito della relazione completa sull’esame autoptico, effettuato dal professore Vittorio Fineschi dopo che la salma era stata riportata in Italia. Dalle prime indiscrezioni, pare che il povero Giulio abbia subito una tortura brutalmente metodica, che si è prolungata per sette lunghi giorni. La morte, infatti, sarebbe avvenuta non prima del 31 gennaio, in seguito a protratte sevizie.

Sul fronte politico-istituzionale, da registrare la dura presa di posizione da parte del ministro degli esteri Paolo Gentiloni, il quale, dopo l’ultima farneticante ricostruzione  fornita dal ministro dell’interno egiziano, così ha dichiarato: “Voglio essere chiaro ancora una volta, non ci accontenteremo di verità di comodo, tantomeno di piste improbabili come quelle che ho sentito evocare dal Cairo. Su questa vicenda, l’Italia semplicemente chiede a un Paese alleato la verità e la punizione dei colpevoli…pretendiamo e pretenderemo la verità: credo che lo dobbiamo alla famiglia e alla dignità del nostro Paese”.

Pier Ferdinando Casini, Presidente della Commissione Esteri al Senato, dopo aver premesso “Le torture inflitte a Giulio Regeni possono essere motivate solo da un gigantesco fraintendimento di chi ha ritenuto che avesse collegamenti con aree che cospiravano contro la sicurezza nazionale; ma questa è una palese sciocchezza: Regeni non era una spia, era uno studioso attento che agiva in un versante di società civile naturalmente scottante”, ha sottolineato “Chiediamo la verità sul caso Regeni non solo per la sua famiglia, colpita in modo indelebile, ma anche in nome del decoro e della nostra dignità nazionale”.

Amnesty Italia ha lanciato una campagna con l’hashtag: #verità per giulioregeni. “L’Egitto deve dare una risposta chiara all’Italia sul suo assassinio al Cairo. Non ci accontenteremo di niente di meno della verità: in quel paese, che sta subendo una pesante ondata repressiva e dove si stanno moltiplicando i casi di arresti arbitrari, sparizioni e violenze di natura politica, purtroppo la tortura è una prassi ancora molto utilizzata. Le nostre istituzioni non possono accettare risposte posticce. Lotteremo”. Così promette l’appello fatto firmare alcuni giorni fa agli studenti di scuole e università, nelle piazze e nei luoghi di cultura “finchè non sapremo come è morto Giulio”.

Di fronte all’ultima paradossale e grottesca ricostruzione fornita dalle autorità del Cairo, forte è stata anche l’indignazione della famiglia di Giulio Regeni: “Non accettiamo alcun tentativo di infangare la memoria di Giulio. Faremo tutto quanto nelle nostre possibilità per giungere al pieno accertamento della verità e reagiremo ai tentativi di depistaggio da dovunque provengano”.

di Umberto Buzzoni

‘Ndrangheta: riciclava soldi dei clan, in manette direttore ufficio postale

 Agevolava il reimpiego di soldi sporchi della ‘Ndrangheta, provenienti dal traffico di stupefacenti, per acquistare attività commerciali a Milano. L’uomo, direttore di un ufficio postale della provincia di Reggio Calabria, è stato arrestato questa mattina dagli agenti della Squadra mobile del capoluogo lombardo.

Eseguite anche 16 perquisizioni nei confronti di altrettanti indagati residenti in Lombardia, Piemonte e Calabria. Il 56enne è accusato del reato di reimpiego di capitali di provenienza illecita, aggravato dalle finalità mafiose. In particolare l’uomo si sarebbe impegnato per favorire il reimpiego di oltre 200 mila euro per l’acquisto di una farmacia a Milano.

L’attività investigativa della Mobile milanese, coordinata dalla locale Direzione distrettuale antimafia, ha messo in luce l’attività condotta dall’indagato in favore delle cosche ionico-reggine Marando, Romeo e Calabrò, che da tempo stanno reinvestendo i proventi guadagnati illecitamente, in attività commerciali del settore sanitario nella zona di Milano. Alle indagini ha partecipato anche la Sezione di polizia giudiziaria – Guardia di finanza della Procura della Repubblica di Milano.

fonte Polizia di Stato

Droga dalla Spagna e dall’Olanda, 15 arresti in Campania

È partita 5 anni fa l’indagine della Squadra mobile di Frosinone che si è conclusa oggi, con l’esecuzione di ordinanze di custodia cautelare nei confronti di 15 persone.

Di queste, 10 sono finite in carcere, 4 agli arresti domiciliari; l’ultima era già in carcere ed ha ricevuto la notifica direttamente in cella.

Ad eccezione di un cittadino albanese, tutti i componenti dei due gruppi criminali erano italiani.

L’attività investigativa era iniziata con una serie di sequestri di droga a piccoli spacciatori della zona del basso Lazio, soprattutto nell’area di Cassino.

Piano piano, gli uomini della Mobile frusinate, con i loro colleghi di Napoli, coordinati dalla Direzione centrale per i servizi antidroga, sono riusciti a ricostruire tutta la “filiera” della droga, ricomponendo la mappa di due distinte organizzazioni criminali campane.

La prima organizzazione criminale aveva la propria base in Olanda all’interno di un ristorante gestito da due fratelli di origine napoletana che tenevano i contatti con i fornitori olandesi.

Nei magazzini del ristorante veniva stoccata la droga prima di essere spedita a Napoli, dove veniva divisa e preparata per esser smerciata nell’area partenopea, in Campania e nel Lazio.

La seconda organizzazione invece sfruttava la copertura di una ditta di autotrasporti, intestata al capo dell’organizzazione.

Grazie a questa attività, era possibile organizzare carichi dalla Spagna e dall’Olanda che arrivavano direttamente a Napoli. Con questo sistema di trasporto arrivavano nella città hashish, cocaina e marijuana.

Nel corso delle indagini sono stati bloccati diversi carichi destinati all’Italia: nel novembre 2011, 12 chili di cocaina e uno di resina di hashish provenienti dalla Spagna e bloccati dalla polizia francese; nel febbraio 2012, 22 chili di marijuana e, nel marzo dello stesso anno, 11 chili di cocaina un chilo di hashish e due chili di marijuana. Questi ultimi due carichi provenivano dall’Olanda.

fonte Polizia di Stato

Mafia: estorsioni e usura anche per produrre film, 6 arresti

OperazioneNero infinito“: così è stata denominata l’operazione della Squadra mobile di Catania che ha portato, stamattina, all’arresto di sei persone con l’accusa di estorsione e usura aggravata dalla modalità mafiosa. Il nome dell’operazione deriva da un film horror prodotto con i soldi prestati “a strozzo” dalla mafia a un produttore.

L’indagine parte dalle dichiarazioni di un imprenditore del settore della ristorazione, nonché gestore di una sala da ballo e, in seguito, produttore di pellicole, tra cui “Nero infinito“, il quale aveva denunciato alla Polizia vari episodi di usura ed estorsioni.

L’uomo era finito nel mirino della potente cosca dei Piacenti per via di un prestito usurario che era arrivato, a seguito di interessi oscillanti tra il 5 per cento ed il 10 per cento mensili, a circa 600 mila euro.

Strozzato dai debiti il produttore cinematografico, nel 2007, si era rivolto ad un uomo del clan Mazzei con lo scopo di mediare la sua situazione debitoria nei confronti della famiglia Piacenti. Ma, contrariamente a quanto sperato, da quel momento la condizione dell’imprenditore era peggiorata: “sistemata” la questione con i Piacenti, l’uomo ha cominciato a versare il “pizzo” al clan Mazzei su tutte le sue attività.

L’imprenditore doveva versare, a titolo di protezione, diverse centinaia di euro sulle sue attività e 5 mila euro al momento dell’uscita dell’ultimo film prodotto dalla sua casa cinematografica.

fonte Polizia di Stato

Bari, Alfano sull’emergenza criminalità: “Rafforzeremo le pattuglie di polizia e carabinieri”

Rinforzare i reparti operativi di carabinieri e polizia, ma anche l’invio a Bari di militari dell’Esercito per le strade. E puntare, per i cosiddetti reati predatori, sull’utilizzo di avanzati sistemi di videosorveglianza. Questa la ricetta contro la criminalità elaborata dal ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che lunedì mattina presiederà la conferenza regionale dei prefetti della Puglia. «Faremo un’analisi approfondita del livello di contrasto alla criminalità organizzata e dei sistemi di prevenzione in questo territorio – premette Alfano – Voglio rimarcare che il livello di cooperazione della squadra Stato è già elevato, come dimostrano le attività quotidiane di sinergia fra forze dell’ordine e istituzioni».

I numeri relativi ai reati commessi nell’ultimo anno sono confortanti: «Il trend della delittuosità nel corso del 2015, rispetto all’anno precedente, è decrescente sia nella città di Bari che nella provincia – riassume – In particolare, sono diminuiti gli omicidi volontari, le rapine e i furti». Nell’ultimo mese, però, Bari ha tremato sotto i colpi di pistola, con due omicidi e altri tre ferimenti (in due agguati), mentre sabato mattina a Taranto si è sparato fra la gente. Segnali di allarme, che preoccupano investigatori e istituzioni. «Sul piano operativo, stiamo pensando a un dispositivo di rinforzo dei reparti Prevenzione della polizia di Stato e dei carabinieri da impiegare nel controllo del territorio. Se necessario, siamo pronti all’assegnazione di ulteriori militari in aggiunta alle unità già impiegate nell’ambito dell’operazione “Strade sicure”».

Il piano di intervento riguarda anche il fenomeno di furti e rapine negli esercizi commerciali: «Stiamo lavorando a diversi progetti di sistemi più evoluti di videosorveglianza», annuncia il ministro. Sulla questione immigrazione e sulla nuova emergenza sbarchi che si profila in Salento, Alfano rifiuta l’idea di “muri” per bloccarli: «Come Unione europea dobbiamo realizzare quello che abbiamo già deciso – dice – E cioé costruire i centri di smistamento dove separare i profughi dagli irregolari, ricollocare equamente i richiedenti asilo tra i 28 Paesi, espellere gli irregolari: è un meccanismo che deve attuare l’Europa per salvare se stessa e per salvare l’idea di Europa che altrimenti rischierebbe di tramontare. È una pura illusione pensare di chiudere le frontiere con i muri».

Bisogna evitare che il sistema di accoglienza collassi: «Se un pezzo d’Europa ritiene che tutti quelli che arrivano in Italia o in Grecia possano essere assorbiti dall’Italia o dalla Grecia, si illude, perché il sistema collasserà. Spero che non si arrivi alla chiusura e che si superi il meccanismo del tetto che va contro i principi dell’accoglienza, anche perché parliamo di richiedenti asilo. L’Italia sta facendo la sua parte e ci aspettiamo che gli altri facciano lo stesso. Le dichiarazioni del presidente Juncker ne sono la testimonianza».

fonte La Repubblica

Lotta al lavoro nero: operazione delle Forze dell’ordine nel reggino

Continuano nel territorio reggino le operazioni di prevenzione e di contrasto al caporalato e al lavoro nero. Sono state controllate 3 aziende presenti nei distretti di Rosarno, Candidoni e Taurianova oltre a 18 cittadini extracomunitari e 18 cittadini comunitari. Sulle aziende sono in corso anche accertamenti da parte dell’Ispettorato del lavoro per valutare le posizioni dei titolari e dei dipendenti.

Sono state elevate tre sanzioni amministrative per violazione della normativa sulle assunzioni e una persona è stata denunciata in stato di libertà per il reato di riduzione o mantenimento in schiavitù per aver adibito un caseggiato fatiscente a dormitorio, imponendo il pagamento di un canone. Una quarantina gli uomini della Polizia di Stato, dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Corpo Forestale dello Stato, della Polizia Provinciale, dell’Ispettorato del Lavoro e dell’ASP di Reggio Calabria impegnati nell’operazione.

I servizi sinora svolti hanno riguardato i quadranti del territorio in cui maggiore e la presenza di cittadini stranieri e in particolare le aziende operanti nella Piana di Gioia Tauro, in particolare, Gioia Tauro, Rosarno, San Ferdinando, Melicucco, Serrata, Candidoni, Rizziconi, Varapodio, Taurianova.

L’operazione interforze, avviata nel mese di novembre nella Piana di Gioia Tauro e in altre zone del territorio provinciale dove maggiormente si registra la presenza di immigrati impiegati nelle raccolta di prodotti stagionali, si inserisce nell’ambito misure stabilite nella direttiva del ministro dell’Interno del 23 aprile 2014 denominata “Focus ‘ndrangheta – Piano d’azione nazionale e transnazionale” e ha riguardato imprese legate ai processi di trasformazione e di industrializzazione dei prodotti agro-alimentari.

fonte Ministero dell’Interno

Ancona: venerdì di rapine per 4 pregiudicati

Sembravano dei normali week end di relax quelli che tre catanesi avevano trascorso nel 2014 a Jesi, vicino ad Ancona, ospitati da dei conterranei.

In realtà i tre, con l’appoggio di un quarto pregiudicato residente nella provincia, in almeno due occasioni, sfruttavano il viaggio del venerdì per arrivare nelle Marche e mettere a segno rapine ad istituti di credito della provincia di Ancona.

Il venerdì era il giorno prescelto perché le banche ricevevano un maggior quantitativo di denaro per rifornire il bancomat per il fine settimana.

Nel febbraio e nel maggio 2014 i rapinatori, armi in pugno, avevano rapinato due banche a Marina di Montemarciano a 25 chilometri dalla base logistica, portando a casa un bottino di 280 mila euro.

Questa mattina, nell’operazioneOn Fridays” la Mobile di Ancona li ha arrestati tutti e quattro, perquisendo le abitazioni dei loro complici a Jesi. Altre tre persone sono state denunciate e piede libero.

Le indagini hanno evidenziato che gli arrestati erano stati già coinvolti in altre rapine commesse lontano dalla propria residenza insieme ad altri pregiudicati; il sospetto degli inquirenti è che esista un gruppo criminale molto ampio che pianifica, con ruoli di volta in volta interscambiabili, rapine in tutto il centronord Italia.

fonte Polizia di Stato

Varese: vendita di auto con chilometraggi alterati, 4 arresti

Sono quattro gli arrestati e 12 i denunciati nell’operazioneElisir” della Polizia stradale di Varese.

Gli arrestati, due esperti in riparazioni di apparati elettronici ed informatici di Como e due rivenditori di auto, si erano organizzati per truffare gli acquirenti di auto usate.

Il sistema era semplice: i due commercianti varesini ritiravano da un autonoleggio di Bolzano auto non più utilizzabili per quel servizio; subito dopo entravano in campo i due esperti che, intervenendo sui congegni elettronici di bordo delle auto, riducevano sensibilmente il chilometraggio effettivo rendendo di fatto “più giovani”, da qui il nome “Elisir” dell’operazione, le auto in vendita.

In alcuni casi il ricavato è stato stimato come superiore del 60% rispetto al reale valore di mercato dei mezzi.

Oltre al guadagno illecito, stimato in circa 3 milioni all’anno, il danno era anche legato alla sicurezza dei veicoli che, segnalando meno chilometri, venivano sottoposti ai controlli periodici con meno assiduità di quella necessaria.

fonte Polizia di Stato

Furti e rapine a Bari, banda incastrata dalle telecamere

Si davano appuntamento nei giardini di piazza Cesare Battisti, davanti all’università di Bari; da lì partivano per le loro scorribande notturne durante le quali depredavano attività commerciali e uffici.

Gli otto malviventi appartenenti al gruppo criminale sono stati fermati questa mattina, al termine dell’operazioneNight crime” (in italiano “Crimini notturni”), dagli agenti della Squadra mobile barese; sei di loro sono finiti in carcere e due, ancora minorenni, sono stati affidati a una comunità.

Tutti gli indagati, pregiudicati di nazionalità italiana, romena e senegalese, devono rispondere, a vario titolo, dei reati di furto, ricettazione, riciclaggio e rapina aggravata.

L’attività investigativa della Mobile è iniziata nel gennaio 2015, subito dopo un furto commesso nel dipartimento di Scienze della formazione dell’Università degli studi di BariAldo Moro“.

Nello stesso periodo era in atto un’altra indagine relativa allo spaccio di droga proprio nella piazza davanti all’Ateneo.

Analizzando le immagini riprese dalle telecamere del sistema di videosorveglianza presente nei giardini, gli investigatori hanno scoperto che durante la notte quello era diventato il punto di ritrovo dei rapinatori, una sorta di base operativa all’aperto dove i malviventi, quasi sempre di notte (da qui il nome dell’operazione) si incontravano per dividersi il bottino dei colpi o per pianificarne altri.

Sono almeno dieci i raid messi a segno dal gruppo criminale, anche se si sta ancora indagando su altri reati analoghi.

Molto rilevanti ai fini delle indagini sono stati i filmati registrati dalle telecamere di sicurezza degli esercizi commerciali depredati nonché l’analisi dei tabulati delle celle telefoniche delle zone dove i banditi hanno agito e le testimonianze di alcune persone informate sui fatti.

fonte Polizia di Stato