Sentenze pilotate, sgravi fiscali illegittimi e, addirittura, cartelle esattoriali sospese o rimborsate. La “cricca” di giudici tributari, commercialisti, funzionari e appartenenti alle forze dell’ordine, poteva davvero “fare i miracoli”, dicono i protagonisti intercettati. In 13 sono finiti in manette con accuse che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione, per aver manipolato ricorsi e decisioni. Dall’informativa stilata dalla Guardia di Finanza, pero’, emerge che gli interessi curati dal sodalizio erano più vasti. In combutta con il Giudice Onofrio D’Onghia Di Paola, per esempio, la commercialista Rossella Paoletti, dietro compenso, avrebbe fatto ottenere ad alcuni clienti la sospensione di una cartella esattoriale da 300mila euro, e avrebbe anche tentato di aggiudicarsi il rimborso delle rate anticipate. Nella vicenda, scrivono gli investigatori, sarebbe coinvolta anche una dipendente di Equitalia, Simona Attanasio. Per il suo intervento, si legge nel documento, Di Paola “ha ricevuto 20mila euro, di cui pero’ ha restituito 5mila poiché la Commissione Tributaria ha sospeso la sentenza ma non ha disposto la restituzione di quanto già pagato dai ricorrenti”, cioè 180mila euro.
E’ il 6 febbraio 2013. Nello studio di Paoletti, considerato dagli inquirenti il “quartier generale” della cricca e tappezzato di microspie, Attanasio e la commercialista parlano di una cartella esattoriale da 300mila euro per la quale si è deciso di fare ricorso. La Paoletti chiede alla dipendente Equitalia di monitorare la pratica e di occuparsene di persona. Poi le consegna qualcosa, “verosimilmente denaro”, scrive la Finanza. Il giorno dopo vengono convocati gli interessati. La professionista fa riferimento a Di Paola, che si occuperà dell’istanza. “La cartella non la dovete pagare – dice la donna – il Presidente mio amico mi sta facendo l’istanza”. Il passo successivo sarebbe l’udienza in Cassazione che, secondo l’indagata “verrà sensibilizzata quando sarà il momento, se ci danno ragione avrete tutta la restituzione, non è un’utopia”. Paoletti è fiduciosa, avendo “le persone giuste al posto giusto”. E assicura ai clienti che il giudice le farà avere anche il rimborso delle rate già pagate. “Chiaramente ci vogliono i soldi per questo” specifica. Il 10 aprile, Di Paola termina il lavoro e batte cassa. Sostiene che 10mila euro vanno versati subito per “preparare”, gli altri andranno consegnati prima dell’udienza. Per il pagamento, giudice e commercialista si scambiano messaggi criptici: “Stiamo organizzando una cena, fammi sapere quando passi. Hanno presentato i documenti per il master e volevano chiederti un’informazione” scrive la donna.
Il 22 giugno, Di Paola ha due notizie, una bella e una brutta: “La sospensione sarà totale” dice trionfante, ma la Commissione non può ordinare direttamente il rimborso. Di Paola restituisce quindi parte del denaro versato: circa 5mila euro. A settembre magistrato e commercialista si accordano su come procedere in Cassazione. Il giudice le ricorda che il cliente è scontento per i troppi soldi pagati e minaccia di sporgere denuncia. Lei lo rassicura: “Ora sono contenti… non gli è arrivato niente da pagare… ti volevano portare a cena”.
di Michele Allegri – Il Messaggero