Inversione in autostrada, ritiro patente

La Polizia Stradale di Como multa e ritira la patente al conducente di un tir che fa inversione in autostrada.
I poliziotti in servizio presso il Centro Operativo Autostradale, grazie alle immagini riprese dalle telecamere puntate sulla barriera autostradale di Grandate, hanno allertato gli agenti in servizio di vigilanza sulla A9 nel tratto Como-Lainate-Brogeda, al fine di intercettare il conducente di un tir che poco prima aveva effettuato inversione in autostrada.
Il TIR con semirimorchio, giunto all´altezza della barriera, si era incanalato nella corsia telepass, dapprima effettuando una retromarcia per posizionarsi nella corsia adiacente e successivamente, accortosi probabilmente di non essere nel varco corretto, ha invertito la marcia procedendo in contromano per circa 200 metri.
Il conducente si era immesso così in una delle corsie che permettono di imboccare l´autostrada in direzione di Milano.
Nonostante le manovre azzardate e pericolose effettuate dal camionista non si è verificato nessun tipo di incidente o di scontro.
La pattuglia immediatamente giunta sul posto, ha intercettato e fermato il TIR all´altezza dell´uscita di Origgio. Dopo aver effettuato i controlli di rito ed aver riscontrato anche la non corretta compilazione del documento di trasporto internazionale, all´uomo viene ritirata la patente ed elevate sanzioni per il comportamento contrario al codice della strada e fermato il mezzo di trasporto.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Antimafia, Antiterrorismo e DIGOS “estremismo Islamico”

L´indagine,  supportata a livello centrale dalla Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo e raccordata a livello internazionale dal Servizio per il contrasto dell´Estremismo e del Terrorismo Esterno della DCPP/UCIGOS, ha disarticolato un sodalizio transnazionale,  con basi in Italia, Svezia, Germania, Turchia e Siria, con l´arresto di 3 siriani e un marocchino accusati di far parte di una cellula di supporto dell´organizzazione terroristica combattente Jabhat al Nusra, emanazione siriana di Al Qaeda.
I reati contestati sono l´associazione con finalità di terrorismo, il finanziamento del terrorismo e l´intermediazione finanziaria abusiva; l´attività di indagine ha preso avvio da un diverso filone investigativo sul traffico di profughi siriani dall´Italia settentrionale verso i Paesi del Nord Europa – sviluppato dalle DDAT delle Procure della Repubblica di Cagliari e Brescia – nel quale è risultato marginalmente coinvolto uno degli odierni arrestati.  L´inchiesta della  Digos di Sassari, attraverso una complessa attività tecnica, ha fatto emergere come i 4 odierni arrestati, oltre a porre in essere attività di sostegno e proselitismo – anche via internet –  in favore della causa jihadista, finanziassero in modo costante, dall´Italia e da diversi paesi europei, l´organizzazione terroristica siriana Jabhat al Nusra, convogliando nei territori di guerra somme di denaro con il meccanismo dell´hawala, fuori cioè dai canali finanziari legali.
Importanti spunti investigativi sono stati forniti dalla collaborazione di uno degli indagati nel citato procedimento sul traffico di clandestini il quale, oltre a delineare i contorni dell´organizzazione dedita a facilitare il trasferimento di profughi siriani dall´Italia al Nord Europa, ha confermato il ruolo dei 4 arrestati nel finanziamento di Jabhat al Nusra, fornendo indicazioni che hanno trovato puntuali riscontri negli accertamenti della Digos sassarese. Per quanto riguarda in particolare la raccolta e il trasferimento del denaro, nel corso delle indagini è emerso come uno degli odierni destinatari dei provvedimenti, il 46enne siriano A.D., già gravitante a Olbia e poi trasferitosi in Svezia prima di essere fermato in Danimarca dove si trova detenuto su mandato d´arresto europeo emesso dall´AG di Tempio Pausania per un altro procedimento a suo carico  avesse organizzato una vera e propria rete divenuta un punto di riferimento per i siriani, in particolare per quelli residenti in Sardegna, che volessero trasferire denaro da e per il paese d´origine, impiantando uffici in tutta Europa, oltre che in Siria e in Turchia. 
In particolare, una volta ricevuta la conferma del pagamento della somma di denaro da parte della persona interessata al trasferimento, faceva poi ottenere il controvalore direttamente ai destinatari in Siria attraverso dei fiduciari, trattenendo una percentuale per ogni operazione.
Solo per citare gli ultimi episodi in ordine di tempo, nel maggio scorso, il fratello dell´uomo è stato fermato in Svezia in possesso di una ingente somma di denaro in contanti (circa 70 mila euro) mentre nel successivo mese di giugno un altro fiduciario è stato sorpreso con una importante somma di denaro in contanti mentre era in procinto di partire per Budapest.
Sono diverse centinaia di migliaia di euro i fondi illegalmente trasferiti verso la Siria dall´organizzazione basata a Olbia facente capo al siriano A.D.
Dalle investigazioni emerge in sostanza come l´organizzazione imprenditoriale,  ben conosciuta anche dalla comunità dei siriani all´estero e con uffici a Istanbul, Beirut, Khartoum, il Cairo e anche a Raqqa,  fosse in grado di far pervenire in tempi brevi e in modo affidabile importanti somme di denaro in Siria, anche nelle zone direttamente controllate dal Daesh.
Gli elementi acquisiti nel corso delle indagini, giovatesi anche del contributo informativo dell´AISI, hanno evidenziato come la capacità dell´organizzazione di convogliare, attraverso il sistema descritto, ingentissime somme di denaro in quel problematico quadrante fosse strettamente legata ai rapporti del capo e dei suoi fiduciari con le organizzazioni fondamentaliste antigovernative operanti in Siria, in particolare nella zona di Edlib, in favore delle quali risulta aver finanziato anche l´acquisto di diverse armi da guerra e autovetture pick up.
Anche l´adesione ideologica degli odierni arrestati alle organizzazioni fondamentaliste operanti in Siria emerge puntualmente da una nutrita serie di conversazioni nelle quali gli accusati seguono da vicino l´evoluzione della guerra civile siriana e dimostrano, con grande partecipazione emotiva, la loro vicinanza ideologica alle formazioni antigovernative, commentando entusiasticamente ed esaltando i successi militari di Al Nusra e scambiandosi una serie di informazioni aggiornate e particolareggiate su quanto appena avvenuto sul fronte di guerra, dimostrando in tal modo di avere contatti diretti con le organizzazioni combattenti impegnate nella guerra civile siriana.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
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LECCE: 5 denunciati per furti a bordo treno e in alcuni esercizi commerciali.

Giovedì scorso una pattuglia della Polfer, durante un ordinario controllo, ha fermato un individuo sospetto nei pressi dei bagni del primo marciapiede, che è stato trovato in possesso di un Ipad, due smartphone, circa 370 euro suddivisi in blister di monetine e un coltello a serramanico con una lama di circa 7 cm. L’uomo, 25enne originario del Marocco ma residente a Valmadrera, non ha saputo fornire spiegazioni circa il fatto che il tablet fosse impostato in lingua cinese e, infatti, da successivi accertamenti i poliziotti hanno riscontrato che quel materiale, in realtà, risultava rubato in un bar di Valmadrera il 2 maggio scorso. L’autore del misfatto, irregolare sul territorio nazionale, è stato denunciato all’autorità giudiziaria per furto aggravato, porto di armi od oggetti atti a offendere e per violazione della normativa sull’immigrazione clandestina. Nella giornata di sabato, personale della Polfer, intorno alle 6:50, ha controllato due giovani, un ragazzo e una ragazza, che alla vista delle divise avevano tentato di dileguarsi ma i due non sono passati inosservati e sono stati sorpresi con un secchiello di latta pieno di caramelle di tutti i tipi, svariate lattine di bibite e bottiglie di birra, circa 50 euro in contanti. I due giovani hanno poi ammesso di aver sottratto la merce in un bar di Mandello del Lario durante la notte precedente, al cui titolare è stata restituita la refurtiva, del valore complessivo di circa 200 euro. I due, entrambi sedicenni, la ragazza originaria dell’Ecuador mentre lui nato in Bolivia, con precedenti penali per reati contro la persona e contro il patrimonio, sono stati denunciati per furto aggravato in concorso. Sempre nel mese di maggio un altro soggetto, cittadino italiano residente in provincia di Lecco, è stato riconosciuto dai poliziotti della Polfer, grazie ai filmati delle telecamere di stazione, come autore di un furto avvenuto il 23 marzo a bordo di un regionale diretto alla stazione di Milano Porta Garibaldi. Subito dopo aver subito il furto, la vittima, visibilmente scossa e provata, si è recata negli uffici della Polizia Ferroviaria per raccontare che un giovane di circa 20 anni con mossa fulminea aveva preso la sua borsa posta sul sedile di fronte ed era scappato giù dal treno, imboccando il sottopassaggio e la scala che porta in via Balicco. Gli agenti della Polfer hanno rivisto le immagini registrate dalle telecamere di videosorveglianza e hanno individuato il ragazzo per poi riconoscerlo qualche settimana dopo a zonzo per lo scalo ferroviario e, quindi, pizzicato e denunciato per furto aggravato. L’uomo, con precedenti penali per reati contro il patrimonio, era stato scarcerato da poco dagli arresti domiciliari. Da ultimo, durante un servizio di scorta a bordo di un treno diretto a Bergamo, gli agenti hanno identificato un soggetto in possesso di una bicicletta. L’uomo, ventenne tunisino residente a Lecco, durante il normale controllo, ha aperto il giubbino per prendere i documenti e in quel frangente i poliziotti hanno notato che dalle tasche interne fuoriusciva un manico di coltello. A seguito di perquisizione gli sono stati trovati addosso un martello, un seghetto con una lama di 14 cm e un coltello da cucina con una lama di  23 cm. La bicicletta aveva due lucchetti dei quali il controllato non possedeva le chiavi. Lo stesso, con precedenti penali per reati contro il patrimonio e contro la persona, colpito da un avviso orale del Questore di Lecco,  è stato denunciato per ricettazione, appropriazione di cose smarrite, possesso ingiustificato di chiavi alterate o grimaldelli, porto di armi od oggetti atti a offendere.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
Foto Polizia di Stato

Latitante arrestato dalla Polizia con il supporto dell’Europol

Ieri, dopo una serie indagini congiunte, coordinate dalla Procura Distrettuale Antimafia di Catania e condotte dalla Polizia di Stato (Servizio Centrale Operativo, Squadra Mobile di Catania e Commissariato di P.S. di Adrano), con il supporto di Europol, la Polizia tedesca ha localizzato e tratto in arresto a Biebesheim, nella regione dell’Assia: AMOROSO Nicola, “Cola tri piedi”, pregiudicato, destinatario di M.A.E. per i reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (clan Scalisi – costituente locale articolazione della famiglia mafiosa Laudani di Catania) con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, estorsione, rapina, ricettazione, reati in materia di armi, danneggiamento seguito da incendio, con l’aggravante di aver commesso il fatto in nome e per conto dell’associazione di tipo mafioso denominata clan Scalisi e al fine di agevolarne le attività illecite. Il predetto AMOROSO Nicola, personaggio di elevato spessore criminale, è latitante dal luglio del decorso anno, essendo risultato irreperibile, perché già all’estero, in data 11 luglio 2017, nell’ambito dell’operazione “Illegal duty”, condotta dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di P.S. di Adrano, in esecuzione di due distinte ordinanze applicative di misure cautelari, emesse in data 22.6.2017 ed in data 29.6.2017 dal G.I.P. del Tribunale di Catania, nei confronti di n.39 persone ritenute responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere di stampo mafioso (clan Scalisi), con l’aggravante di essere l’associazione armata, associazione per delinquere finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione e spaccio delle medesime, tentato omicidio, estorsione, rapina, furto, ricettazione, reati in materia di armi, danneggiamento seguito da incendio, con l’aggravante di aver commesso il fatto in nome e per conto dell’associazione di tipo mafioso denominata clan Scalisi e al fine di agevolarne le attività illecite.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Messisa, operazione “Picasso”

L´attività investigativa è stata condotta dai poliziotti del Commissariato di Milazzo, con il supporto di unità cinofile ed equipaggi del Reparto Prevenzione Crimine di Catania, ed hanno eseguito 11 misure cautelari nei confronti di altrettanti soggetti appartenenti ad un sodalizio criminale.
Gli immediati accertamenti effettuati attraverso l´analisi dei sistemi di videosorveglianza presenti nella zona hanno consentito di accertare che i malviventi, in occasione dei reati, avevano utilizzato due autovetture di una nota marca francese.
Dalle indagini, durate circa otto mesi, è emersa chiaramente l´esistenza di una associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati contro il patrimonio – in specie furti in abitazione, esercizi commerciali, furti di autovetture e ricettazione – attiva nella zona.
I malviventi agivano sempre con lo stesso modus operandi, ovvero attraverso la condivisione informativa degli obiettivi da colpire, e mediante il sapiente coordinamento dell´operato di più persone dislocate, in luoghi diversi e con una specifica ripartizione dei ruoli.
Uno dei casi, ad esempio, riguardava uno degli associati, “amico” del proprietario di una abitazione sita in pieno centro a Milazzo, che con un pretesto era stato trattenuto fuori casa per tutto il pomeriggio, consentendo così ai criminali di agire indisturbati, e svaligiare l´abitazione.
In un altro, perpetrato a Pace del Mela, gli indagati, approfittando dell´assenza dei proprietari di casa, hanno “ripulito” l´appartamento, portando via anche due autovetture, successivamente recuperate e restituite agli aventi diritto.
Nella maggior parte dei casi, una volta introdottisi nelle abitazioni, gli indagati asportavano di tutto: casseforti, denaro contante, gioielli, telefoni cellulari, tablet, consolle per videogiochi, televisori, robot da cucina, orologi (in un caso è stato portato via un Rolex del valore di circa 10mila euro), carnet di assegni, argenteria e servizi di posate.La refurtiva, così acquisita, veniva in massima parte ricettata dagli stessi associati.  La refurtiva, così acquisita, veniva in massima parte ricettata dagli stessi associati.
Dalle indagini è emersa anche un´attività riguardante numerosi furti di “gratta e vinci” perpetrati ai danni di una Tabaccheria di Milazzo.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
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EUROPOL consiglio di amministrazione Sofia, Bulgaria

Si tratta della prima “uscita” ufficiale per il neo Direttore Esecutivo De Bolle ed anche l’occasione per fare il punto-situazione sulla sicurezza interna ed esterna dei Paesi membri, definendo le nuove strategie gestionali ed operative che coinvolgeranno i vari paesi membri e le altre agenzie internazionali di intelligence. Il Dipartimento della Pubblica Sicurezza italiano partecipa alla riunione per tramite dello SCIP – Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia della Criminalpol ed attraverso la propria struttura interna (BCN Interpol, Unità Nazionale Europol, Punti di Contatto Nazionali, Esperti per la Sicurezza dislocati nel mondo) e le collaborazioni operative con le Polizie degli altri paesi esprime un patrimonio di best practices a disposizione anche della cooperazione di Polizia in ambito Europol. La Direzione Centrale di Polizia Criminale, con lo SCIP, è impegnata in diversi progetti finanziati dalla Commissione con l’obiettivo di innalzare il livello di cooperazione di polizia internazionale e per raggiungere standard qualitativi che contribuiscono a rendere l’Europa un posto più sicuro.
Alcuni esempi ne sono il progetto PAMECA ed Eurol II nei Balcani. Al di là della sovranità nazionale il tema della sicurezza coinvolge tutte le agenzie di law enforcement dei paesi membri dell’Unione e le linee programmatiche comuni consentono di avere una risposta concreta ed immediata alle minacce del tempo corrente.

Di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
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OPERAZIONE: TIFO SELVAGGIO

Risultati immagini per ULTRAS STADIO POLIZIADalle prime ore di questa mattina, la Polizia di Stato sta eseguendo numerose ordinanze applicative di custodia cautelare in carcere emesse dal GIP del Tribunale di Lamezia Terme (CZ) nei confronti di un gruppo di ultras catanesi, indagati, a vario titolo, per i reati di rapina impropria, danneggiamento aggravato, incendio, lesioni aggravate, violenza privata, tentato omicidio, utilizzo di oggetti atti ad offendere in occasione di manifestazioni sportive, resistenza a pubblico ufficiale e detenzione abusiva di materiale esplodente.
L´attività d´indagine, condotta dai poliziotti del Commissariato di Lamezia Terme e da quelli della Digos di Catanzaro – con l´ausilio di personale delle Digos di Catania ed Enna – hanno fatto luce su quanto verificatosi lo scorso 29 aprile, durante la trasferta a Matera da parte dei sostenitori etnei.
Questi ultimi dapprima si sono resi responsabili di alcune indiscriminate aggressioni ai danni di inermi cittadini nei pressi degli imbarcaderi di Messina e, successivamente, dopo aver ingaggiato un inseguimento lungo l´Autostrada A2 del Mediterraneo di un autovettura i cui occupanti sono stati erroneamente scambiati per tifosi siracusani, nei pressi della Stazione F.S. di Lamezia Terme (CZ), hanno violentemente aggredito le vittime, rapinandoli di valori e oggetti personali e procurando l´incendio della parte anteriore dell´autovettura mediante il lancio un fumogeno. L´azione criminosa è stata interrotta soltanto dall´intervento di un operatore Polfer e da altro personale giunto immediatamente in ausilio.
Nel corso dell´operazione agli indagati saranno notificati anche i provvedimenti DASPO emessi dal Questore di Catanzaro.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
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CASERTA: OPERAZIONE DELLA SQUADRA MOBILE

Dopo un’accurata attività di indagine la Polizia di Stato di Caserta ha eseguito un´ordinanza di custodia cautelare nei confronti di M. G. e N. R., dipendenti del Ministero dei Beni Culturali, con nomina di addetti ai servizi di vigilanza presso il complesso Vanvitelliano – Reggia di Caserta, a carico dei quali sono stati raccolti gravi indizi in ordine al reato truffa aggravata continuata, nonché di false attestazioni sulla presenza in servizio. In particolare, visto il concreto ed attuale pericolo di reiterazione delle condotte criminose poste in essere dagli indagati, già costantemente reiterate nei mesi di settembre, ottobre e novembre 2016, il Giudice per le Indagini Preliminari, accogliendo l´istanza del P.M., ha disposto nei loro confronti la misura cautelare dell´obbligo di presentazione alla P.G., tutti i giorni, immediatamente prima dell´inizio dell´orario lavorativo e immediatamente dopo la sua conclusione.
Il predetto provvedimento è stato emesso a seguito delle evidenze raccolte nel corso delle indagini svolte dalla Squadra Mobile casertana, fondate prevalentemente su pedinamenti ed intercettazioni videoambientali. Le investigazioni hanno permesso di accertare che entrambi i destinatari della misura, M. G. e N. R., si assentavano volontariamente, per diverse ore, dal posto di lavoro durante lo svolgimento delle loro mansioni, privi di qualsivoglia autorizzazione da parte della loro direzione, con le aggravanti di aver commesso il fatto in danno di un ente pubblico e in violazione dei doveri inerenti il pubblico impiego svolto. Unitamente al M. ed al N. sono state indagate altre 4 persone per i medesimi reati.
I dipendenti, agendo in tal modo, si procuravano un ingiusto profitto pari alla porzione di stipendio percepita, pur non lavorando, ed arrecavano un pari danno all´ente pubblico di appartenenza, chiamato a retribuire prestazioni lavorative non effettuate e con l´ulteriore danno patrimoniale e di immagine correlato alla mancata presenza del dipendente, per giunta addetto ad un delicato servizio quale è quello di vigilanza, all´interno della ” Reggia”, esposta così al rischio di atti di vandalismo e non solo. Non è un caso, d´altronde, che l´inchiesta abbia preso le mosse proprio dalla commissione di un furto in un sito che in quel momento doveva essere sorvegliato.
Così come dimostrano le immagini acquisite durante l´indagine, R. N., classe ´56, dopo aver badgiato lascia volontariamente il posto di lavoro per andare, dapprima, in un noto ristorante casertano per consumare un pasto e quindi per recarsi presso un attiguo bar ove, nonostante la vicina presenza del direttore della Reggia di Caserta – Dr. Felicori – ed incurante di questo, si accomoda ad un tavolino dell´esercizio pubblico per sorseggiare bevande e rimanervi per varie ore, facendo quindi rientro in sede per completare il suo turno lavorativo. In un´altra circostanza, lo stesso dipendente, dopo aver certificato il suo ingresso al lavoro, a bordo della sua vettura condotta dalla moglie, fa addirittura rientro a casa per poi recarsi alla Reggia vanvitelliana solo per vidimare la fine del suo turno di servizio. G. M., alla stregua del primo, immediatamente dopo aver badgiato il suo cartellino in ingresso, lascia il complesso monumentale e, seguito a distanza da un´auto civetta della Polizia, si reca nel comune di Aversa ove parcheggia la sua auto all´interno di un parco privato. Successivamente il dipendente lascia tale sito per far rientro alla Reggia di Caserta solo per certificare la fine del suo turno di lavoro, che in pratica non ha mai svolto. Le immagini rappresentano solo alcuni dei tanti episodi di cui i dipendenti, raggiunti dalla misura cautelare dell´obbligo di presentazione alla P.G., si sono resi responsabili durante l´arco temporale interessato dalle indagini della Squadra Mobile.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
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Polizia di Stato di Modena indaga una Guardia Particolare Giurata Ruba merchandising “Maserati” 

La Polizia di Stato di Modena ha dato esecuzione al decreto di perquisizione presso il domicilio, nell´ambito di un procedimento penale, a carico di un italiano 46enne, denunciato in stato di libertà per il reato di furto aggravato.
L´uomo, in qualità di Guardia Particolare Giurata, in servizio presso una ditta di logistica del modenese, si è reso autore di una serie di furti in orario notturno ai danni della stessa azienda.
Le indagini sono state avviate a seguito di denuncia sporta dai titolari dell´azienda, accortisi di svariati ammanchi di merce depositata per lo smistamento e del fatto che il sistema d´allarme veniva spesso inserito in ritardo rispetto all´orario previsto.
Grazie anche alle immagini del sistema di videosorveglianza interno, che si attiva nell´orario di chiusura del magazzino, gli agenti sono risaliti all´autore dei furti, il quale prelevava il materiale dagli scatoloni, sostituendolo a volte con altri oggetti di peso equivalente, per poi richiuderli con nastro adesivo al fine di ripristinare la confezione originale.
La perquisizione ha dato esito positivo, in quanto presso il domicilio della Guardia Giurata e precisamente all´interno di un armadio, sono stati rinvenuti oltre 380 capi di abbigliamento griffati “Maserati” per un valore complessivo di circa 80mila euro. Tutta la refurtiva è stata restituita al legittimo proprietario.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
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VICENZA – PADOVA; VARI REATI IN OCCASIONE DELL’ INCONTRO DI CALCIO

Oltre ai 16 destinatari delle perquisizioni, i poliziotti delle Digos di Vicenza e Padova hanno indagato altre 3 persone che si aggiungono a quella già segnalata all’A.G. per resistenza a pubblico ufficiale nell’immediatezza della gara. Pertanto, ad oggi, il numero complessivo degli indagati per i fatti in questione ammonta a 20 persone, tutti ULTRAS del Padova. Nei loro confronti, il Questore di Vicenza, dr. Giuseppe PETRONZI, ha avviato le procedure per l’applicazione del DASPO (divieto di accesso ai luoghi ove si svolgono manifestazioni sportive). Dopo i gravi fatti registrati in occasione del citato incontro di calcio, le DIGOS di Vicenza e Padova hanno sviluppato una congiunta attività di analisi dei filmati dell’impianto di videosorveglianza dello Stadio e quelli della Polizia Scientifica, identificando i responsabili.
Nelle fasi di afflusso allo stadio, un consistente gruppo di tifosi padovani, accompagnati a bordo di autobus dal parcheggio di Vicenza Est, scortati dal dispositivo di ordine pubblico, una volta giunti all’interno dell’area parcheggio loro assegnata (area sterile), lanciava grossi petardi in direzione delle Forze dell’Ordine. Appena scesi dagli autobus, cercavano di uscire dall’area sterile per tentare di raggiungere tifosi vicentini. Nel frangente, molti ULTRAS padovani, con il volto travisato, lanciavano petardi, bottiglie ed altri oggetti contundenti contro operatori di Polizia, aggredendoli con aste di bandiere e cinture. L’azione di contenimento della Polizia permetteva di vincere la violenza dei tifosi, contenendoli all’interno dell’area loro assegnata. Nella circostanza, rimanevano feriti il Dirigente del servizio di ordine pubblico della Questura di Vicenza (con prognosi di gg. 20 per “trauma contusivo all’emicostato destro con infrazione alla 9^ costa”), un Operatore della Polizia di Stato in servizio  all’Unità Cinofila della Questura di Milano (colpito dalla deflagrazione di un grosso petardo, lanciato al suo indirizzo, che gli causava una ferita lacero-contusa con ematoma al polpaccio sinistro, guaribile in giorni 5 s.c.), e 2 Agenti del Reparto Mobile di Padova che riportavano contusioni agli arti superiori ed inferiori (ciascuno con prognosi di gg. 15). Cessata l’aggressione alle Forze di Polizia, i tifosi ospiti facevano ingresso agli spalti, nel loro settore. All’interno dello stadio, prima, durante ed al termine dell’incontro, alcuni supporter padovani si evidenziavano per gestualità ricondicibili alla destra estrema ed accendevano numerosi artifizi pirotecnici e petardi che venivano lanciati dagli stessi sul terreno di gioco.
Al termine dell’incontro, nelle fasi di deflusso della tifoseria ospite, sugli spalti del settore occupato dai padovani, veniva esposto uno cartello di cartoncino dai contennuti antisemiti. In proposito, l’analisi dei filmati ha evideniato che un sostenitore padovano, dopo essersi travisato il volto, sistemava, sotto una pezza con la scritta “LOREGGIA” (precedentemente affissa in  Gradinata Nord), il cartello in questione, riportante la dicitura “SE QUESTO E’ UN UOMO”, accompagnata dal disegno di un uomo con la maglia del Vicenza Calcio che mangia un gatto. Sollevato poi il carrtello con la scritta “LOREGGIA”, diventava visibile quello con i contenuti antisemiti.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto polizia di stato