Operazione Agguato

La Polizia di Stato di Cremona ha dato esecuzione all’ “Operazione Agguato”, indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Cremona e condotta dalla Squadra Mobile di Cremona e dal Commissariato di Crema nei confronti di 7 persone, indagate per i reati di sequestro di persona e lesioni personali aggravate in concorso.

Il personale della Squadra Mobile di Cremona e del Commissariato di Crema, con la preziosa collaborazione delle Squadre Mobili di Brescia, Bergamo e Lodi, ha dato esecuzione all’ordinanza cautelare con la quale il Giudice per le Indagini preliminari di Cremona ha disposto la custodia in carcere nei confronti di 7 cittadini indiani, tutti di età compresa tra i 25 e i 40 anni, presunti autori di una violenta aggressione avvenuta il 29 gennaio 2022 nei pressi di Romanengo (CR).

L’indagine ha avuto inizio quando un ragazzo indiano di 30 anni, nella serata del 29 gennaio, era stato ricoverato al Pronto Soccorso di Crema, in stato di semi incoscienza, con ferite da taglio in tutto il corpo oltre a numerosi traumi.

Sulla base degli accertamenti effettuati dagli investigatori, infatti, l’uomo, mentre attendeva l’arrivo di un amico nei pressi di Bottaiano (CR), era stato vittima di un agguato da parte di alcuni connazionali. Questi ultimi, dopo essere riusciti a rintracciarlo, l’avevano rincorso a bordo dei loro autoveicoli ed investito durante un tentativo di fuga in un vicolo cieco, aggredendolo una prima volta, per poi legargli con una corda le mani dietro la schiena e costringerlo salire su un autoveicolo.

Dopo averlo sequestrato, pertanto, lo avevano portato in una zona campestre isolata, dove avevano atteso l’arrivo di altri connazionali per iniziare un secondo violento pestaggio con bastoni, mazze di ferro ed armi da taglio, con le quali erano stati inferti profondi tagli su diverse parti del corpo, minacciandolo che, se si fosse messo contro di loro, avrebbero ucciso lui e la sua famiglia.

Solo dopo diversi minuti, a seguito delle evidenti lesioni riportate e della perdita di conoscenza, l’uomo era stato accompagnato dai suoi aggressori presso l’Ospedale di Crema.

La lunga e complessa attività investigativa, frutto di un sapiente uso dei principali strumenti tecnologici, di attività tecniche disposte dalla Procura della Repubblica di Cremona e di numerosi servizi di osservazione e pedinamento nei confronti dei sospettati, ha permesso di identificare e collocare sui luoghi dove si son verificati i gravi eventi i 7 soggetti che sono stati attinti dalle misure cautelari disposte dal Tribunale di Cremona.

Alla luce degli elementi info investigativi acquisiti, alla base dell’insano gesto vi sarebbero precedenti dissapori connessi ad alcuni episodi delittuosi avvenuti negli ultimi mesi ed un tentativo di affermazione di predominanza territoriale degli aggressori.

Grazie all’imponente dispiegamento di forze della Polizia di Stato nelle province di Cremona, Lodi, Bergamo e Brescia, a seguito del minuzioso setacciamento delle aree dove risiedevano o dove lavoravano, cinque indagati sono stati rintracciati e, successivamente, associati alla Casa Circondariale di Cremona, a disposizione dell’Autorità Giudiziaria procedente. Continuano, invece, le ricerche dei due indiani anche in ambito internazionale.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Torino. Eseguite dalla Polizia di Stato due misure cautelari in carcere

La Polizia di Stato di Torino ha dato esecuzione ad un’Ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Tribunale di Torino a carico di due soggetti, uno (classe 1967) e l’altro  (classe 1996), padre e figlio di origini sinti, entrambi già detenuti presso la locale Casa Circondariale in quanto sottoposti alla custodia cautelare in carcere a seguito del loro arresto in flagranza, operato dai medesimi investigatori in data 31 marzo 2022, per un furto in abitazione in danno di un’anziana (classe 1942) alla quale erano stati sottratti monili in oro per un valore di circa 10.000 euro.

L’attività di indagine, culminata nella misura cautelare, veniva svolta sotto il costante coordinamento della locale Procura della Repubblica (Gruppo Criminalità Organizzata, Comune e Sicurezza Urbana) e aveva preso avvio a seguito di un furto in abitazione commesso a Torino, in data 9 ottobre 2021, da un falso Carabiniere. Nello specifico, la vittima (classe 1938), residente nel quartiere Mirafiori, aveva raccontato di essere stata avvicinata nei pressi del portone del proprio condominio da un sedicente Carabiniere che, dopo essersi qualificato, le aveva riferito che erano stati commessi dei furti e di dover effettuare un controllo all’interno della sua abitazione per verificare se anche lei era stata derubata. L’uomo, carpita la fiducia della donna, era riuscito ad entrare in casa della donna, ove era presente anche il marito (classe 1935), e asserendo che i “ladri” erano riusciti ad entrare nel loro appartamento passando dal balcone, aveva invitato l’anziana ad accompagnarlo sul terrazzo ove le aveva fatto notare un orologio ed una agenda in terra; oggetti che erano stati evidentemente spostati poco prima dal finto Carabiniere, per simulare il furto.

A quel punto il sedicente militare aveva comunicato all’anziana che avrebbe contattato sua figlia, simulando una telefonata con quest’ultima, e contestualmente aveva invitato la vittima a verificare in sua presenza se i soldi ed i monili custoditi in casa fossero ancora al loro posto; quindi se ne era impossessato, non appena la donna si era distratta, dileguandosi.

Poichè all’interno dell’abitazione dei due anziani era presente un apparato di registrazione audio/video a controllo remoto, che aveva registrato tutte le fasi salienti del delitto, gli investigatori potevano osservare la condotta dell’uomo che aveva raggirato, con estrema scaltrezza e capacità, i due coniugi, trattenendosi nell’alloggio per una decina di minuti, fino a quando era riuscito ad impossessarsi del bottino senza farsi notare.

La successiva attività di indagine permetteva di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico del padre che, secondo gli investigatori, fingendosi carabiniere avrebbe posto le   condotte criminose in concorso con il figlio, relativamente al quale sussistono elementi tali da ritenere che avrebbe svolto il ruolo di autista, dell’autovettura usata per recarsi nelle zone mercatali, ove venivano avvicinate le vittime, e di “palo” mentre il genitore perpetrava l’odioso reato.

Precisamente, nel provvedimento eseguito dalla Squadra Mobile, secondo l’ipotesi dell’accusa, il padre è ritenuto responsabile del furto in abitazione commesso in data 9.10.2021 e di altri tre tentativi di furto, perpetrati tutti in danno di vittime ultraottantenni, in Rivoli (TO) e Torino, nelle date del 25.02.2021, 12.03.2022 e 31.03.2022, gli ultimi due in concorso con il figlio ,tutti accomunati dal descritto modus operandi.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Sato

La Polizia di Stato celebra oggi il 170° Anniversario della sua fondazione

Un’amministrazione longeva che ha accompagnato nel tempo i cambiamenti della società, trasformandosi essa stessa per soddisfare nuove esigenze nella continuità del motto sub lege libertas. Una polizia radicata nel presente e proiettata verso il futuro che torna a condividere, in presenza  con i cittadini, i suoi più autentici valori ed i risultati conseguiti grazie al quotidiano operato delle sue donne e dei suoi uomini.

Il Presidente della Repubblica concede quest’anno la medaglia d’oro al valor civile alla bandiera della Polizia di Stato per le attività svolte durante la pandemia: Alle donne e agli uomini della Polizia di Stato che con eccezionale valore e senso del dovere hanno profuso ogni energia nel garantire, anche in occasione dell’emergenza pandemica da COVID- 19, la tutela della salute di tutti i cittadini.” Un’eccezionale banco di prova che ha evidenziato lo spirito di servizio che caratterizza l’attività di ciascun poliziotto.

Molte le onorificenze e le ricompense conferite durante la cerimonia: le promozioni per merito straordinario e le medaglie d’oro al valor civile ai poliziotti caduti in servizio, le promozioni per merito straordinario per coloro che si sono distinti in attività eccezionalmente meritorie quali il salvataggio di vite umane.

Promossi per merito straordinario alcuni atleti del gruppo sportivo Fiamme Oro che hanno conseguito importanti risultati olimpici e mondiali, inorgogliendo l’intera Italia e portando lustro al nostro Paese.

Operazione “Game Over”

All’alba di oggi, la Polizia di Stato di Lecce, con l’ausilio di pattuglie del Reparto Prevenzione Crimine “Puglia Meridionale” di Lecce – “Puglia Centrale” di Bari – “Campania” di Napoli, di Unità Cinofile di stanza a Bari e del 9° Reparto Volo della Polizia di Stato di Bari, dopo una lunga indagine della Squadra Mobile coordinata dalla DDA della Procura della Repubblica di Lecce, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Lecce su richiesta della predetta Procura della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia – nei confronti di 17 soggetti, indagati a vario titolo per i reati di associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al traffico ed alla commercializzazione di  sostanze stupefacenti, estorsione e violazione della legge sulle armi.

Le indagini, avviate nell’estate del 2019, hanno riguardato un gruppo criminale che si ritiene operante sul territorio leccese, conosciuto come clan Briganti e facente capo a BRIGANTI Pasquale, detto Maurizio (la cui “mafiosità” è stata ampiamente riconosciuta con sentenze passate in giudicato).

Attraverso la predetta attività si ritiene di aver documentato l’incessante operatività del clan, e del suo capo storico nonostante questi fosse detenuto in esecuzione di pena presso un istituto carcerario del centro Italia.

L’indagine, sviluppata per circa due anni attraverso presidi tecnologici e servizi di pedinamento ed osservazione, avrebbe palesato come il BRIGANTI, dal carcere ed attraverso familiari ed affiliati fidati, abbia continuato a gestire le attività illecite del clan, operativo prevalentemente, ma non esclusivamente, nella città capoluogo, arricchendo i propri ranghi con l’annessione di nuovi sodali attraverso i classici rituali di affiliazione, tipici delle organizzazioni criminali di stampo mafioso, e innalzando di grado affiliati già appartenenti alla Sacra Corona Unita. 

Sono stati documentati episodi ritenuti di imposizione e riscossione di somme di denaro necessarie per il sostentamento degli affiliati in carcere, tra cui appunto l’indiscusso capo, nonché azioni punitive nei confronti di chi non osservava le regole o di chi, acquirente, pusher o spacciatore di sostanze stupefacenti, non pagava per tempo l’importo della droga acquistata.

Si ritiene ancora di aver ricostruito la consumazione di una serie massiccia di reati che vanno dall’estorsione in danno di attività ambulanti e commerciali, al traffico di ingenti quantitativi di sostanza stupefacenti. Il clan si sarebbe occupato direttamente dell’acquisto, prevalentemente in territorio albanese, dell’importazione, dello stoccaggio e della suddivisione, prima della consegna finale ai vari pusher.

Le investigazioni hanno permesso di ipotizzare la costante disponibilità di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti, da immettere sulle piazze di spaccio, cittadine e della provincia, oltre che di una consistente disponibilità di armi, anche da guerra, di provenienza balcanica. Nel corso dell’attività sono stati sequestrati fucili mitragliatori di assalto sovietici, tra cui AK47 Kalashnikov e modello M.70 Zavasta, oltre a numerose pistole calibro 45, calibro 38 special e relativo munizionamento.

Per l’acquisto di tali armi, il gruppo criminale avrebbe avuto come referente un soggetto italiano di origini montenegrine, collante tra il clan e i trafficanti di armi residenti presso il Campo sosta Panareo. 

Sono state contestate, infine, numerose estorsioni, che sarebbero state attuate anche con la minaccia di far ricorso all’uso delle armi, avvenute in danno di ambulanti in occasione di incontri di calcio della locale squadra, eventi musicali e sagre, oltre alla gestione dei parcheggi abusivi durante lo svolgimento di spettacoli ed eventi sportivi. È stata contestata, infine, l’estorsione ad alcuni commercianti e ambulanti in occasione delle festività del Santo Patrono di Lecce.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Operazione Empire

La Polizia di Stato di Catania, su delega della Procura Distrettuale della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, ha dato esecuzione all’ordinanza emessa dal GIP presso il Tribunale di Catania che ha disposto la misura cautelare della custodia in carcere per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti e traffico continuato di sostanze stupefacenti, nei confronti di 6 soggetti.

I poliziotti hanno eseguito altresì il sequestro preventivo finalizzato alla confisca di una villa ubicata nel quartiere San Giorgio, di proprietà di 2 degli odierni indagati, ritenuta provento dell’attività di traffico internazionale di droghe sintetiche.

Il provvedimento restrittivo è stato emesso all’esito di indagini coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia  e svolte dalla Squadra Mobile – Sezione Antidroga di Catania, tra il mese di gennaio 2020 e  settembre 2020, e che hanno riguardato un’associazione per delinquere finalizzata al traffico internazionale di droghe sintetiche  (MDMA, ecstasy e ketamina) e di marijuana, compagine criminale peraltro armata ed alla quale sono contestati numerosissimi episodi di illecita importazione ed esportazione delle suddette sostanze stupefacenti.

In particolare il Gip di Catania ha ritenuto sussistenti gravi indizi di colpevolezza a carico degli indagati in relazione all’appartenenza a un sodalizio criminale dedito al traffico internazionale di sostanze stupefacenti di tipo sintetico, avente la propria base operativa nel rione popolare San Giovanni Galermo, ed operante prevalentemente sull’asse Italia – Olanda – USA, posto che le sostanze stupefacenti venivano per lo più importate in Italia dall’Olanda per poi essere spedite ad acquirenti statunitensi. Per tale ragione le indagini sono state svolte in costante collaborazione e scambio informativo con la Direzione Centrale per i Servizi Antidroga del Dipartimento della Pubblica Sicurezza e l’organismo investigativo statunitense Homeland Security Investigations; tramite il magistrato di collegamento degli Stati Uniti in Italia questo Ufficio ha provveduto ad un proficuo scambio di atti giudiziari consistenti prevalentemente in sequestri di sostanze stupefacenti.

Le attività d’indagine esperite, sia di tipo tecnico che di tipo tradizionale, hanno consentito di ricostruire la struttura interna dell’organizzazione criminale  a capo della quale vi sarebbe stato secondo la ricostruzione accusatoria, un 35enne, odierno indagato, che avrebbe avuto funzioni decisionali e di coordinamento degli altri sodali ed al quale è stato contestato il ruolo di capo e promotore del sodalizio.

Per quanto riguarda il modus operandi dalle indagini è emerso che l’associazione criminale avrebbe importato dall’Olanda ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti sintetiche, avvalendosi di corrieri facenti capo a note società di spedizioni italiane che coprivano la tratta nazionale del tragitto in partnership con omologhe società di spedizioni olandesi. Le forniture di sostanze stupefacenti sintetiche giungevano occultate all’interno di imballi contenenti mobili o beni di svariata natura e, una volta estratte dagli incarti, venivano stoccate in garage dei quali il gruppo disponeva nel rione San Giovanni Galermo.

La successiva rivendita delle droghe sintetiche ai vari acquirenti, sia in Italia che all’estero, avveniva tramite chat clandestine su portali del cosiddetto “deepweb”, nel cui ambito i membri dell’organizzazione utilizzavano il nickname “XXXMAFIAXXX” o “MAFIASTARS”. Le sostanze stupefacenti venivano spedite agli acquirenti, sia in Italia che all’estero, all’interno di plichi e pacchi imballati che l’associazione criminale spediva tramite raccomandate postali o tramite corriere espresso riportanti come mittenti generalità fittizie. Al fine di renderne difficoltoso il rinvenimento, all’interno dei pacchi imballati, le ingenti forniture di sostanze stupefacenti sintetiche venivano occultate dentro svariati oggetti come barattoli di creme cosmetiche, statue in gesso, confezioni di puzzle, giradischi, amplificatori, casse audio, custodie di DVD, capi di abbigliamento, ed altro.

Il traffico internazionale delle droghe anzidette si svolgeva principalmente sull’asse Catania – Stati Uniti D’America, ma a volte le spedizioni da parte dei presunti sodali avvenivano anche verso altre località d’Italia, o altri paesi stranieri quali Canada, Australia, Ucraina, Thailandia, India, Israele, Pakistan, Giappone, Nuova Zelanda, Iran e Grecia. Gli acquirenti delle sostanze stupefacenti sintetiche pagavano l’organizzazione con somme in criptovaluta Bitcoin che, una volta convertite in euro venivano ripartite tra i membri ritenuti facenti parte dell’organizzazione tramite una serie di versamenti o ricariche su carte prepagate. Dalle indagini sarebbe emerso che ogni mese il “giro d’affari” dell’organizzazione si aggirava intorno ai 150mila euro e parte dei ricavi sarebbe stata investita dal 35enne e dalla moglie nella costruzione di una villa nel quartiere San Giorgio oggetto del provvedimento di sequestro preventivo finalizzato alla confisca disposto dal Gip.

Le indagini svolte hanno consentito di effettuare numerosi sequestri di ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti sintetiche del tipo MDMA, ecstasy e ketamina, per un totale complessivo di oltre 30 kg. Alcuni dei sequestri delle sostanze stupefacenti sintetiche venivano effettuati a seguito di provvedimenti di ritardato sequestro emessi dalla Procura Distrettuale della Repubblica – Direzione Distrettuale Antimafia, ai quali seguiva un’attività di consegna controllata internazionale in territorio americano con la collaborazione delle Autorità degli Stati Uniti. Tra le suddette attività di riscontro vi era sia quella del 23.02.2020, allorquando al ritardato sequestro di circa 3 kg di sostanza stupefacente del tipo MDMA in territorio italiano seguiva la consegna controllata internazionale in territorio statunitense, culminata con l’arresto di un 30enne acquirente americano, sia l’attività del luglio 2020 in cui gli operanti della Squadra Mobile di Catania, coadiuvati dalla Direzione Centrale per i Servizi Antidroga e da investigatori dell’Homeland Security Investigations, effettuavano un’attività sotto copertura di acquisto simulato di 1 kg di sostanza stupefacente del tipo MDMA, quale ulteriore sviluppo investigativo dell’arresto in territorio statunitense di un altro acquirente americano (cl. 1986), fermato il 03.02.2020 durante una precedente attività di consegna controllata mentre ritirava un pacco contenente 1 kg di sostanza stupefacente del tipo MDMA speditogli dall’organizzazione catanese.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Polizia di Stato di Cosenza: esecuzione decreto di sequestro di beni

La Polizia di Stato, unitamente ai militari della Guardia di Finanza di Cosenza, nell’ambito di una strategia avviata dalla Direzione Centrale Anticrimine, ha dato esecuzione al decreto con il quale il Tribunale di Catanzaro – Ufficio Misure di Prevenzione – ha disposto il sequestro, finalizzato all’applicazione della confisca prevista dal Codice Antimafia, proposta dalla Procuratore della Repubblica di Catanzaro Direzione Distrettuale Antimafia, congiuntamente al Questore della provincia di Cosenza, concernente beni, assetti societari e rapporti finanziari, per il valore di circa 22 milioni di euro, riconducibili ad un imprenditore calabrese operante nell’area dell’alto ionio cosentino, nel cassanese e nella sibaritide ma anche con interessi nella città di Roma e zone limitrofe.

Il sequestro di prevenzione ha riguardato la totalità delle partecipazioni di 11 società, con sedi rispettivamente in Altomonte, Roma, Cassano allo Ionio, San Lorenzo del Vallo, attive in plurimi settori merceologici ed, in particolare, raccolta, stoccaggio, trasformazione e smaltimento di rifiuti, edilizia specializzata, torrefazione, trasformazione e commercializzazione, all’ingrosso e al dettaglio, di caffè e prodotti affini, supermercati, compravendita immobiliare, servizi pubblicitari e marketing, compravendita e noleggio di autovetture e veicoli in generale e da corsa, produzione di birra artigianale con somministrazione e ristorazione, costruzioni di edifici residenziali e non, trasporto di merci su strada, “assunzione di appalti pubblici e privati per la progettazione e costruzione di opere”, fabbricazione e messa in opera di prodotti bitumosi.

Sono stati, altresì, sottoposti a sequestro anche 58 veicoli industriali e non, compresi veicoli di grossa cilindrata, nella disponibilità del compendio aziendale nonché una villa di circa 400 mq, con annesso opificio, intestati al proposto e 90 rapporti finanziari.

Si tratta di un provvedimento di natura cautelare, adottato ex art. 20 d.lgs. 159/2011, dal Tribunale di Catanzaro nell’ambito del procedimento di prevenzione avviato con la proposta di applicazione della misura di prevenzione personale e di quella patrimoniale della confisca, sulla base delle complesse indagini di natura economico-patrimoniale e finalizzate a verificare la provenienza dell’ingente patrimonio riferibile al destinatario del provvedimento e la sproporzione rispetto ai redditi dichiarati e alla attività lavorativa.

L’indagine, finalizzata alla proposta congiunta del Procuratore di Catanzaro e del Questore di Cosenza, è stata svolta, nel quadro di una attività di cooperazione investigativa, dal Servizio Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, dalla Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Cosenza, dal Servizio Centrale Investigazione sulla Criminalità Organizzata e dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Cosenza della Guardia di Finanza.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Via Fani: 44 anni fa la strage della scorta di Aldo Moro

Questa mattina a Roma è stata commemorata la strage di via Fani dove, il 16 marzo 1978, furono uccisi tre agenti di polizia e due carabinieri che componevano la scorta dell’onorevole Aldo Moro, presidente della Democrazia Cristiana. Il politico, in quella circostanza, fu rapito da appartenenti all’organizzazione terroristica Brigate Rosse.

Durante la cerimonia, un picchetto interforze, composto da personale della Polizia di Stato, dell’Arma dei carabinieri e della Guardia di finanza, ha reso omaggio al vicebrigadiere di pubblica sicurezza Francesco Zizzi, alle guardie di pubblica sicurezza Raffaele Iozzino e Giulio Rivera, al maresciallo maggiore dei carabinieri Oreste Leonardi e all’appuntato dei carabinieri Domenico Ricci.

Sul luogo dell’eccidio sono state deposte delle corone d’alloro da parte del presidente della Repubblica, degli altri organi costituzionali dello Stato e delle Autorità locali.

Anche il capo della Polizia Lamberto Giannini e il comandante generale dell’Arma dei carabinieri Teo Luzi, presenti alla cerimonia, hanno deposto due corone in ricordo dei poliziotti e dei carabinieri uccisi nell’attentato terroristico.

I 3 giovani poliziotti, il 16 febbraio del 1979 furono insigniti della Medaglia d’oro al Valor civile, e i loro nomi sono incisi anche nelle piccole lapidi del Sacrario presente alla Scuola superiore di Polizia.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Brescia: Arrestati 31 presunti rapinatori.

Ieri pomeriggio, in provincia di Brescia, a seguito di indagini che durano da oltre 5 mesi dirette dalla Direzione Distrettuale Antimafia della Procura della Repubblica di Brescia, con il coordinamento operativo della Direzione Centrale Anticrimine della Polizia di Stato, i poliziotti della Squadra Mobile di Brescia, i Carabinieri del Raggruppamento Operativo Speciale e il Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, con il determinante intervento dei poliziotti del Nucleo Centrale Operativo di Sicurezza (NOCS), hanno arrestato un gruppo criminale di 31 persone accusate di essere rapinatori specializzati in assalti a furgoni blindati e caveau, in gran parte provenienti da Cerignola (FG), che stava per compiere un’imponente rapina a mano armata in danno del caveau di un istituto di vigilanza privata , con sede in Calcinato(BS). Sono stati inoltre sequestrati 4 kalashnikov, 1 fucile a pompa, una mitraglietta UZI, una pistola (con svariate munizioni), 21 bottiglie Molotov e chiodi a quattro punte.

Le complesse e articolate indagini, che si sono protratte per oltre cinque mesi, nella fase conclusiva hanno visto il dispiegamento di un imponente dispositivo composto da personale della Polizia di Stato e dell’Arma dei Carabinieri le cui componenti hanno operato in sinergia e stretto raccordo operativo.  All’operazione che ha permesso di arrestare il gruppo di presunti rapinatori, hanno preso parte anche le Squadre Mobili di Foggia, Milano, Venezia, Padova, Monza, Bergamo, Reggio Emilia, Verona, Piacenza, Parma, Cremona ei militari del Comando Provinciale Carabinieri di Brescia.

Gli arrestati, che si erano radunati ed erano pronti ad entrare in azione nella tarda serata, sono accusati di aver pianificato da tempo l’assalto al caveau, ignari di essere sottoposti ad indagini condotte, con attività tecniche d’intercettazione, dalla Squadra Mobile di Brescia, dal Servizio Centrale Operativo e dal Raggruppamento Speciale Operativo Carabinieri.

I presunti rapinatori, con precedenti penali, alcuni ritenuti collegati a clan del foggiano e cosche di ndrangheta, nei mesi precedenti avevano rubato circa venti autovetture, furgoni e camion destinati ad essere dati alle fiamme allo scopo di isolare l’area d’interesse ed impedire l’intervento delle Forze di Polizia; nella loro disponibilità anche una ruspa che sarebbe servita per sfondare la parete blindata del caveau, che custodisce gli incassi raccolti dagli esercizi commerciali della zona.

Fra gli arrestati figurano anche due guardie giurate “infedeli”, dipendenti dell’istituto di vigilanza obiettivo della rapina, accusati di aver svolto il ruolo di “basisti”, riferendo ai complici che – al momento del colpo – poteva giacere nel caveau una somma in contanti di circa 80 milioni di Euro.

Gli investigatori monitoravano i movimenti degli arrestati dallo scorso ottobre, seguendo tutte le fasi della pianificazione del colpo, tra cui i sopralluoghi e i viaggi dalla Puglia verso il bresciano dei vari componenti del gruppo criminale; attraverso le intercettazioni telefoniche ed ambientali, si è potuta monitorare la cura maniacale degli aspetti logistici, tra cui il procacciamento degli alloggi per i sodali in trasferta presso strutture ricettive che omettevano la comunicazione dei dati dei clienti, per evitare i consueti controlli della Questura.

I presunti rapinatori erano pronti ad intervenire muovendo contemporaneamente da luoghi diversi, comunicando con telefoni dedicati ed apparati radio. Un primo gruppo era pronto a muoversi da un capannone industriale ubicato a Cazzago S. Martino (dove erano stati nascosti i mezzi preventivamente rubati) mentre altri due gruppi erano pronti a partire da due “covi” situati a Gardone Val Trompia e a Ospitaletto. L’operazione anticrimine è stata condotta contestualmente su tutti e tre questi obiettivi, impiegando oltre trecento uomini e mezzi speciali. L’operazione è stata realizzata anche grazie al coordinamento investigativo effettuato dalla Procura Nazionale Antimafia. I reati contestati sono l’associazione a delinquere finalizzata a commettere il reato di rapina, il tentativo di rapina pluriaggravata, la detenzione di armi da guerra, la ricettazione dei mezzi rubati, con l’aggravante del metodo mafioso.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Trento, ordinanza di misura cautelare nei confronti di 3 militanti anarco-insurrezionalisti

Le indagini, relative alla commissione dei reati di attentato con finalità di terrorismo, tentata estorsione, contraffazione di documenti e procurata inosservanza della pena, sono state curate dai poliziotti della Digos e dal Servizio per il Contrasto all’Estremismo e al Terrorismo Interno della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione.

Un’ordinanza di custodia cautelare in carcere è stata eseguita nei confronti di un  insurrezionalista spagnolo in quanto accusato dei reati di attentato con finalità di terrorismo e fabbricazione e porto in luogo pubblico di ordigno esplosivo, in relazione all’attacco compiuto ai danni del Tribunale di Sorveglianza di Trento il 28 gennaio 2014. Il provvedimento è stato notificato in carcere, dove l’indagato è attualmente detenuto a seguito dell’arresto avvenuto nel maggio 2019 dopo un periodo di latitanza.

Un altro provvedimento per la misura degli arresti domiciliari è stato eseguito a carico di uno dei leader dell’anarchismo insurrezionale trentinoaccusato di tentata estorsione aggravata dalla finalità di terrorismo, commessa in concorso con altri militanti, per un’irruzione compiuta il 15 aprile 2020 negli studi dell’emittente radiofonica “Radio 80”, sita a Rovereto. Nella circostanza, l’indagato ha tentato di interrompere le trasmissioni per dare lettura di un comunicato sulla tematica anticarceraria, senza riuscirvi.

Un’ulteriore ordinanza di obbligo di dimora è stata notificata ad un’anarchica di Rovereto in quanto accusata di procurata inosservanza della pena e fabbricazione e cessione di documenti di identificazione falsi.

L’attività investigativa costituisce la prosecuzione di una precedente indagine condotta su esponenti della medesima compagine accusati di aver costituito, promosso e partecipato ad un’associazione con finalità di terrorismo (ex art. 270 bis c.p.) operante nel territorio trentino, nonché di una serie di reati, ed, in particolare, di diversi episodi di danneggiamento, nonché di produzione e detenzione di documenti falsi. Il relativo processo si è concluso nel febbraio 2021 con la decisione della Corte di Assise d’Appello di Trento che, pur non riconoscendo il reato associativo, ha comminato pene fino a tre anni di reclusione a diversi imputati.

Nel corso dell’inchiesta, sono stati acquisiti solidi riscontri grazie non solo a servizi tecnici e di pedinamento degli indagati, ma anche attraverso una complessa attività di analisi investigativa della documentazione cartacea ed informatica sequestrata nel corso di precedenti indagini.

Decisivo, poi si è rivelato il prezioso apporto fornito dai poliziotti del Servizio di Polizia Scientifica per l’attribuzione al militante anarchico spagnolo di un profilo di DNA rinvenuto sui reperti sequestrati in occasione di uno degli episodi contestati, quello relativo all’attentato al Tribunale di Sorveglianza di Trento del 2014.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato

Agrigento, immigrazione clandestina

La Polizia di Stato, nella serata di ieri, ha eseguito un fermo di indiziato di delitto, emesso dalla Procura della Repubblica di Agrigento, a firma dei Sostituti Procuratori Gloria Andreoli e Paola Vetro, nei confronti di un soggetto egiziano ritenuto responsabile di gravi delitti in tema d’immigrazione clandestina.

La Squadra Mobile ha svolto un’intensa attività investigativa che ha permesso di identificare il fermato quale presunto scafista dell’imbarcazione che il 25 gennaio 2022 ha trasportato nel territorio italiano 287 cittadini extracomunitari irregolari, prevalentemente di origine bengalese, conducendoli dalle coste libiche verso le acque territoriali italiane. La traversata, effettuata a bordo di un sovraffollato barcone di circa 16 mt aveva esposto i migranti a grave pericolo di vita, tant’è che sette bengalesi, a causa delle disumane condizioni di viaggio, avevano perso la vita per ipotermia.

Al fermato è stato quindi contestato anche il reato di morte come conseguenza di altro delitto; le vittime erano state identificate grazie ad un eccezionale lavoro sinergico tra la Squadra Mobile ed il Consolato bengalese.

Le risultanze investigative sono state trasmesse alla Procura della Repubblica di Agrigento, diretta da Luigi Patronaggio, che ritenendo assolutamente robusto il quadro indiziario raccolto attraverso le testimonianze dei migranti superstiti, ha emesso il provvedimento di fermo nei confronti dell’indagato, un trentottenne nei cui confronti era stata già emessa una condanna definitiva, per il reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, commesso nel settembre del 2011 a Pozzallo.

Contestualmente, i poliziotti della Squadra Mobile hanno eseguito due ordini di carcerazione nei confronti di altrettanti cittadini tunisini, giunti irregolarmente nel territorio dello Stato, il primo condannato per i reati di violenza sessuale, atti persecutori, minacce; l’altro per falso contro la fede pubblica.

Dopo le formalità di rito, i soggetti sono stati condotti in carcere ad Agrigento.
Il fermato è stato posto a disposizione dell’A.G.  per la convalida e per l’accertamento delle eventuali responsabilità penali; i condannati per l’espiazione della pena definitiva.

di Umberto Buzzoni e Renato D’Angelo
foto Polizia di Stato