Ebola, un’infermiera contagiata in Texas. Aveva curato Duncan, il ‘paziente zero’

1407264975000-AP-APTOPIX-Ebola-Americansdi Ansa

Le autorità americane hanno annunciato che un’infermiera ha contratto il virus dell’Ebola nell’ospedale del Texas dove era stato ricoverato il paziente zero negli Usa, Thomas Duncan. La donna lavora al Texas Health Presbyterian Hospital che ha curato Thomas Eric Duncan, il ‘paziente zero’  morto la settimana scorsa. Lo hanno riferito le autorita’ sanitarie del Texas, secondo cui l’infermiera infettata ha  sempre indossato l’abbigliamento protettivo quando era a contatto con Duncan. Ora e’ ricoverata in isolamento e le sue condizioni vengono definite stabili.

“Un operatore sanitario del Texas Health Presbyterian Hospital che assistette il paziente malato di Ebola lì ricoverato è risultato positivo all’Ebola in un test preliminare condotto da laboratorio statale di salute pubblica di Austin”, precisa un comunicato del Dipartimento dei servizi per la salute (Dshs) dello stato del Texas. “Test di conferma saranno condotti dai Centri per il controllo e la prevenzione delle malattie di Atlanta”, aggiunge fra l’altro la nota.

Nonno e nipote trovati morti in fiume nel rodigino, è omicidio suicidio

carabinieri2di Ansa

E’ stato definito, dai carabinieri, un caso di omicidio-suicidio quello che ha fatto trovare il corpo di nonno e nipote, rispettivamente di 73 e 5 anni, nelle acque dell’Adigetto a Lendinara (Rovigo) in località Arzerello. Il bambino soffriva di una rara malattia genetica che avrebbe indotto l’anziano a porre fine alla sua esistenza suicidandosi tenendolo abbracciato sott’acqua.

Secondo quanto si è appreso, i corpi di nonno e nipote, quest’ultimo gravemente malato, sarebbero stati trovati abbracciati. Un elemento, quest’ultimo, che farebbe pensare agli investigatori che si tratti di un omicidio-suicidio da parte dell’anziano. I carabinieri stanno raccogliendo elementi per far luce sulla vicenda coordinati dal Pm di turno della Procura di Rovigo, Monica Bombana giunta anch’essa sul posto.

Il bambino era stato affidato al nonno mentre i genitori erano ad un convegno proprio sulla malattia del piccolo e lo zio, il poliziotto che ha trovato i corpi, stava andando, facendo jogging, a prendere il piccolo per dare il cambio all’anziano. Nel tragitto il poliziotto ha prima notato la carrozzina, che ben conosceva, abbandonata lungo la strada. Subito ha pensato al peggio e si è messo a cercare i due lungo il fiume trovando loro i corpi poco distante. Le salme sono già state rimosse, spetterà ora al Pm Monica Bombana decidere se sarà necessaria l’autopsia.

 

Alluvione a Genova, straripano i fiumi: un morto. Attesa un’altra piena. Protezione civile: «Non uscite di casa»

Pesante-alluvione-a-Genovadi Il Mattino.it

Torrenti esondati, un uomo ucciso per strada da un’onda di acqua e fango, un treno Frecciabianca deragliato per una frana (tre contusi), gravi danni a strade, automobili, attività commerciali. Scuole chiuse, palazzine evacuate.

E’ un’Allerta 2, il massimo livello di attenzione per la Liguria, emanato fino a domani mattina, ma arrivato dopo 12 ore dalla tragedia. Genova ancora una volta si è ritrovata prigioniera dell’acqua, del fango e delle polemiche per un allarme arrivato quando ormai il dramma era compiuto: poco prima di mezzanotte, Antonio Campanella, infermiere genovese di 57 anni, è stato travolto dal torrente Bisagno mentre usciva da un bar ed è morto.

Le polemiche riguardano la mancata diramazione dell’Allerta 2 da parte della protezione civile regionale. Si è limitata a lanciare un «avviso» per «temporali forti e organizzati». Quando i modelli matematici indicano pericolo la protezione civile dirama l’Allerta 1, quando il pericolo è massimo, l’Allerta 2. In questo modo scattano automaticamente procedure che attivano i centri nei comuni coinvolti.

Ambienti istituzionali scagionano chi avrebbe dovuto lanciare l’allarme: non si è trattato di una valutazione sbagliata, i modelli matematici non hanno indicato l’allerta. «Modelli – ha evidenziato il presidente della Regione Claudio Burlando – che non hanno sbagliato in passato».

In realtà, il Comune di Genova si è attivato lo stesso, ha spiegato il sindaco di Genova Marco Doria: «anche senza allerta, ci siamo preoccupati delle scuole per tutto il giorno, avvertendo i dirigenti scolastici e mettendo pattuglie di vigili un pò dappertutto».

«Nel tardo pomeriggio la situazione si è calmata – ha spiegato Doriao – come aveva previsto Arpal. Ma dalle 21 è precipitata fino all’esondazione». «Fare previsioni è rischioso – ha aggiunto il sindaco -. Il fronte di maltempo stava lasciando Genova poi è tornato».

Prendendo tutti alla sprovvista, il Bisagno ha superato gli argini a ridosso della stazione ferroviaria di Brignole, travolgendo Campanella, che aveva lasciato un bar avvertendo che andava a vedere il livello dell’acqua, e decine di auto. I conducenti si sono salvati per il favore del destino. È esondato anche il terribile Fereggiano, affluente del Bisagno, che nel 2011 uccise sei donne. In un video si vedono due persone passare a un metro dalle acque impetuose un minuto prima dell’esondazione.

Nel 2011 l’Allerta 2 era stata decretata ma non servì a nulla. Oggi i residenti inferociti hanno aggredito e insultato un vigile. La magistratura ha aperto un fascicolo per omicidio colposo, un atto dovuto dicono in procura, la stessa che ha mandato a giudizio l’ex sindaco Vincenzi e ad alcuni ex rappresentanti della protezione civile e del Comune per l’alluvione del 2011.

L’alluvione ha colpito anche intorno a Genova. A Fegino un Frecciabianca è deragliato per una frana intorno alle 13. Contusi due passeggeri e un macchinista. A Savignone alcune persone hanno trovato riparo sui tetti, a Montoggio il paese è allagato, a Chiavari è esondato l’Entella. A Busalla è stata interrotta per ore l’autostrada A7 per Milano per una cascata di acqua e fango. Nel capoluogo si contano oltre 100 milioni di danni e ci si interroga sulla mancata realizzazione di tre opere per mitigare la forza delle acque.

Doria accusa «la scandalosa inefficienza del sistema paese» e punta il dito contro «i ritardi provocati dai ricorsi al Tar e dagli esami della Corte dei Conti». Si sono persi anni per lo scolmatore del Fereggiano, lo scolmatore del Bisagno e il rifacimento dell’ultimo tratto del Bisagno, tra la stazione Brignole, dove è morto Campanella, e la Questura. Il premier Renzi è «sconcertato» per le opere bloccate e annuncia «cambio di norme contro i danni della burocrazia», come ha chiesto il governato Claudio Burlando che inoltrerà anche la richiesta per il riconoscimento dello stato di calamità.

Il ministro della difesa Roberta Pinotti terrà le fila dell’emergenza tra il Governo e la sua città. Domani è atteso il capo della protezione civile Gabrielli. Campanella, intanto, riposa all’obitorio. Genova lo ricorderà con il lutto cittadino nel giorno del funerale, quando le strade saranno ripulite da fango e detriti. È la città guarda il cielo: l’Allerta 2 prosegue fino a domani a mezzogiorno.

Uccide la fidanzata e la madre di lei. Poi si impicca nella loro casa

duplice-femminicidio-e-suicidio-in-sicilia_86567di Corriere del Mezzogiorno.it

I tre corpi trovati nell’appartamento: ognuno ad un piano diverso. Sul tavolo l’omicida aveva scritto: «È finito il buio». La giovane, 27 anni, lavorava come baby sitter

AGRIGENTO – Tragedia a San Giovanni Gemini, nell’Agrigentino, dove tre corpi senza vita – madre, figlia e il fidanzato di lei – sono stati ritrovati in un appartamento. Secondo la prima ipotesi il giovane avrebbe ucciso le due donne e poi si sarebbe suicidato, impiccandosi. Sul posto si sono recati i carabinieri e il pm Antonella Pandolfi. Secondo le prime notizie, madre e figlia, Angelina Butera, di 71 anni, vedova, e Concetta Traina, di 27, sarebbero state assassinate con colpi di arma da taglio. Il giovane trovato impiccato è Mirko Lena, anche lui di 27 anni.

TRE CORPI – I corpi sono stati ritrovati nella casa, che era sviluppata in una palazzina di tre livelli. Una scena choc, quella che si è presentata agli occhi dei carabinieri: i cadaveri erano ognuno ad un piano diverso. La giovane donna, che lavorava come baby sitter, era al primo piano, quello della madre al secondo, mentre al terzo è stato trovato impiccato il fidanzato della ragazza. Si indaga per ricostruire un possibile movente della tragedia: tra le ipotesi una questione di gelosia o una lite scoppiata nell’appartamento in cui abitavano le due donne.

LA SCORSA NOTTE – La tragedia sarebbe avvenuta la notte scorsa. Lo sostengono alcune fonti investigative dopo avere ascoltato i vicini di casa. Quest’ultimi hanno riferito di avere sentito dei rumori e delle urla verso le tre. Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, l’uomo sarebbe entrato la notte scorsa nella loro casa forzando una porta-finestra e avrebbee ucciso le due donne nelle loro stanze da letto, dove poi sono state trovate.

NON SI È PRESENTATA AL LAVORO – Concetta lavorava come babysitter, era puntuale e precisa e per questo il padre del bambino che accudiva si è insospettito per l’assenza ingiustificata. Dopo le otto di stamattina ha telefonato senza avere risposte e alla fine si è recato in casa della donna: ha suonato, ma senza ancora avere risposte. I vicini gli hanno detto che non vedevano le due donne da ieri sera. Il sospetto è diventato allarme e l’uomo ha telefonato al 112. Sono stati così i carabinieri a trovare i corpi senza vita di madre e figlia e del fidanzato della babysitter.

LA SCRITTA – Prima di uccidere e poi togliersi la vita, Mirko ha scritto sul tavolo della cucina «È finito il buio» ed ha lasciato un libro della Divina commedia aperto su una pagina dell’Inferno.

DA TEMPO NON STAVA CON CONCETTA – Mirko da qualche giorno non si vedeva a San Giovanni Gemini insieme alla ragazza. Lo hanno notato i loro amici che ora piangono davanti alla casa delle vittime in via Leopardi. Mirko ha due fratelli e una sorella, ufficialmente era disoccupato anche se ogni tanto dava una mano al padre che ha una piccola fabbrica di materassi. Viene descritto come un giovane anonimo, magro, non molto espansivo e sempre vestito di nero. Su Facebook Concetta Traina ha tra gli amici i fratelli e la sorella di Mirco, ma non lui. Sabato scorso il giovane aveva regalato un libro a un suo conoscente: «A me non serve più», gli aveva detto.

Cucchi, l’avvocato testimone «Stefano fu pestato prima dell’udienza»

StefanoCucchi_01di Il Messaggero.it

«La morte di Stefano Cucchi è la conseguenza del pestaggio che ha subito. È morto di tortura per le lesioni che gli sono state inflitte. Dire che non è morto per lesioni è ipocrita».

A prendere la parola oggi al processo d’Appello è stato l’avvocato Fabio Anselmo che si è costituito nel giudizio per conto dei famigliari della vittima. Questa costituzione però riguarda solo i tre agenti carcerari che in primo grado furono mandati assolti e che ora, secondo quanto richiede il procuratore generale, rischiano la condanna a due anni di reclusione.

Secondo il penalista non c’è alcun dubbio che Cucchi sia stato vittima di un pestaggio e a poter fornire gli elementi per confermare questo l’avvocato Anselmo ha indicato un collega che vide davanti all’aula dove fu convalidato l’arresto di Stefano un giovane in precarie condizioni tanto da ritenere che poteva essere stato percosso. Si tratta dell’avvocato Maria Tiso che al termine del giudizio di primo grado inviò una lettera all’avvocato Anselmo tramite i famigliari di Cucchi per confermare quanto aveva veduto. L’avvocato Anselmo ha chiesto oggi alla Corte sia di acquisire la lettera in questione sia di ascoltare l’avvocato Tiso.

L’avvocato vide Stefano arrivare in aula in stato di arresto, scortato. «Di corporatura esile – si legge nella lettera – aveva il volto, ed in particolare gli occhi, estremamente arrossato e gonfio, come recante delle tumefazioni. Era come se sotto gli occhi avesse quelle che in gergo comune sono individuate come borse gonfie e di un colore tendente al violaceo. Aveva un’aria di sicuro molto provata. Mentre si dirigeva abbastanza lentamente verso l’aula di udienza, mostrava difficoltà nel camminare; appariva come irrigidito nella coordinazione della deambulazione e se non ricordo male, non sollevava del tutto i piedi da terra ma sembrava trascinarli in avanti ad ogni passo».

I segni, questi, del pestaggio che, secondo la parte civile, sarebbe avvenuto prima dell’udienza di convalida dell’arresto di Stefano Cucchi. Circostanza cronologicamente diversa da quella indicata dal Pg Mario Remus, il quale la scorsa udienza, sposando la tesi del pestaggio, l’ha indicato come avvenuto dopo l’udienza di convalida dell’arresto.

Dubai, la polizia «cattura» i criminali con uno sguardo (e i Google Glass)

cosa-sono-google-glassdi Corriere della Sera

Un po’ Robocop un po’ Minority Report: dal prossimo anno gli agenti potranno contare, non solo sulle auto superveloci già in dotazione, ma anche sugli occhiali «intelligenti»

Non solo superveloci (grazie alle supercar da oltre 6 milioni di dollari che hanno in dotazione), ma anche «smart». Merito dei Google Glass che, a partire dall’inizio dell’anno prossimo, permetteranno ai poliziotti di Dubai di riconoscere un delinquente al primo sguardo. In realtà, quattro di questi dispositivi sono attualmente già a disposizione degli agenti ed usati per le infrazioni stradali e l’identificazione delle auto ricercate, ma le nuove dotazioni verranno implementate con la tecnologia per il riconoscimento facciale che, collegandosi al database della Polizia, permetterà all’agente di beccare all’istante il possibile sospetto mediante controllo fotografico.

Questioni di privacy

Iniziativa più che lodevole nell’ambito della lotta alla criminalità, se non fosse che – almeno in teoria – chiunque nelle vicinanze di un poliziotto potrebbe dunque essere soggetto ad un controllo e non avere idea che gli è stata scattata una foto o che la sua faccia venga in quel momento controllata in un elenco criminale. Ovvero, tutto quello che l’anno scorso la casa madre di Mountain View aveva assicurato non avrebbe mai permesso accadesse coi Google Glass per motivi di privacy. Peccato però che la stessa dichiarazione d’intenti non precluda agli sviluppatori di creare un’applicazione per conto proprio e caricarla poi sul dispositivo. Che è esattamente quello che la polizia di Dubai ha fatto, come ha precisato al giornale locale «7 Days» il Colonnello Khalid Nasser Al Razooqi, direttore generale dello «Smart Service Department», la divisione nata con l’intento di trasformare gli agenti dell’Emirato in veri e propri «smart officers» a metà strada fra Robocop e Minority Report entro il 2018. «Il software di riconoscimento facciale è stato sviluppato internamente – si legge infatti nell’articolo – e consentirà ai Google Glass di collegarsi al database delle persone ricercate e di riconoscere l’eventuale sospetto tramite foto, allertando così immediatamente l’agente che indossa il dispositivo». Ma in rete già ci s’interroga sulle inevitabili ripercussioni che tale progetto avrà sulla privacy, sottolineando al contempo quanto sia facile andar contro le direttive di Google: un precedente pericoloso, con non può non far riflettere.

Sicurezza, pistola elettrica Taser alla polizia, primo sì in Commissione

police taserdi Il Messaggero.it

Sì all’utilizzo in via sperimentale da parte della Polizia alla pistola elettrica Taser. È quanto prevede un emendamento di Gregorio Fontana (Fi) al decreto stadi approvato dalle commissioni Giustizia e affari costituzionali della Camera. La parola è ora all’Aula.

L’emendamento è stato approvato dopo che il viceministro Filippo Bubbico, ne ha proposto una riformulazione. Questa prevede che la sperimentazione della pistola Taser debba avvenire «con le necessarie cautele per la salute e l’incolumità pubblica e secondo principi di precauzione e previa intesa con il Ministro della salute».

Contraria Sel, con Daniele Farina, mentre Emanuele Cozzolino (M5s) ha detto che questo emendamento non sarebbe dovuto essere discusso in questo decreto. Soddisfazione da parte del promotore dell’emendamento, Gregorio Fontana: «È stato fatto un primo passo vero l’introduzione del Taser come strumento in dotazione alle Forze dell’Ordine. C’è da augurarsi che la condizione posta dalla riformulazione dell’emendamento non si trasformi in una manovra ostativa, verso un’operazione di ammodernamento tecnologico, di estrema utilità per gli operatori della sicurezza e per tutti i cittadini.

La pistola elettrica Taser, come è noto, è un’arma di dissuasione non letale: essa produce una scarica elettrica che rende la persona colpita inoffensiva per alcuni secondi, sufficienti alle forze dell’ordine per arrestarla. Il suo utilizzo, pertanto, contribuisce sia a ridurre i rischi per l’incolumità personale degli agenti sia a ridimensionare drasticamente il numero delle vittime nelle operazioni di pubblica sicurezza, come dimostra l’esperienza di molti Paesi avanzati, tra cui gli Stati Uniti, il Regno Unito, la Francia e la Svizzera».

Il parere del cardiologo. «La pistola elettrica Taser provoca un danno muscolare e potrebbe quindi, teoricamente, causare un danno anche al muscolo cardiaco. Inoltre potrebbe interferire con alcuni dispositivi medici, tipo il pace maker». È quanto afferma all’Adnkronos Salute Francesco Romeo, direttore del reparto di Cardiologia del Policlinico Tor Vergata di Roma, dopo l’approvazione dell’emendamento al decreto stadi che consente agli agenti di polizia di usare il Taser. I Taser sono in dotazione a molte polizie del mondo (Stati Uniti in testa) ma sono spesso oggetto di critiche in quanto immobilizzano il soggetto grazie a una scarica elettrica. «Il campo elettrico che si viene a creare – spiega Romeo – potrebbe cambiare l’impostazione di alcuni dispositivi, come appunto i pace maker. Bisogna quindi stare attenti all’utilizzo di questa pistola elettrica, perché – conclude l’esperto – potenzialmente pericolosa per la vita».

Pavia, a 18 anni tenuta a digiuno se non spacciava cocaina: arrestati fratello e cognata

spacciodi Il Messaggero.it

Era tenuta segregata in casa, in stato di schiavitù, e costretta a vendere cocaina da suo fratello e dalla cognata: solo dopo aver portato la droga ai clienti della coppia, alla giovane, una marocchina di 18 anni, veniva dato da mangiare. Nel caso si fosse rifiutata, restava a digiuno. Un vero e proprio incubo per una ragazza venuta in Italia con la speranza di costruirsi una vita. Un dramma portato alla luce dai carabinieri della compagnia di Vigevano (Pavia), guidati dal capitano Rocco Papaleo.

Il fratello della ragazza, 26 anni, e sua moglie, 22 anni, anche lei marocchina, dovranno rispondere di percosse, riduzione in schiavitù e detenzione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio. Secondo le indagini condotte dai militari dell’Arma, qualche mese fa i genitori della giovane hanno convinto la figlia a trasferirsi in Italia a casa dal fratello.

La ragazza è andata ad abitare in un appartamento di Mortara, in Lomellina, nel Pavese. Subito dopo essere arrivata, però, ha scoperto che il fratello e la cognata erano gli organizzatori di un vasto giro di spaccio di cocaina nel territorio al confine tra la provincia di Pavia e quella di Novara. La giovane è stata subito costretta a «lavorare» con loro. Ha provato a ribellarsi, ma è stata costretta ad arrendersi con ripetute percosse e minacce. Le veniva dato da mangiare solo dopo aver portato la droga ai clienti, tra i quali figuravano persone di ogni ceto sociale: un commercialista, un’estetista, un operaio, una parrucchiera, la cassiera di un supermercato e anche alcuni studenti. Ogni dose di cocaina veniva venduta al prezzo di 50 euro. La storia è venuta alla luce durante le indagini contro lo spaccio di stupefacenti.

Piacenza, carabiniere muore durante un inseguimento

Carabinieri-autostradadi Repubblica.it

Un carabiniere del Nucleo radiomobile di Piacenza è morto e un commilitone è gravissimo per aver tamponato un Tir durante l’inseguimento di un’Audi, forse rubata, vicino all’ingresso dell’Autostrada A21 a Castelsangiovanni, nel Piacentino. L’auto dell’Arma è rimasta incastrata, attorno alle 12.30, sotto il mezzo pesante.

A perdere la vita è stato un appuntato di 39 anni, Luca Di Pietra. Era arrivato al Nucleo Radiomobile di Piacenza, coronando il suo sogno, appena una decina di giorni fa, dopo una lungo servizio alla Stazione del Comune di Rivergaro, sempre nel Piacentino. Un paio d’anni fa, durante un inseguimento, era riuscito con alcuni commilitoni a arrestare una banda di ladri.

Di Pietra era alla guida della gazzella. Il collega, capopattuglia, invece, è stato portato via in gravissime condizioni in eliambulanza all’ospedale San Raffaele di Milano; si tratta di M.B., di San Giorgio Piacentino, 46 anni.

Non si hanno notizie dell’Audi inseguita, che non si era fermata ad un controllo. L’incidente è avvenuto in una strada laterale nei pressi del casello, in direzione dell’autostrada. Secondo una prima ricostruzione, i due militari questa mattina attorno a mezzogiorno stavano percorrendo una strada comunale che interseca la provinciale tra Castelsangiovanni e Pieve Porto Morone (Pavia). Con la gazzella hanno incrociato l’Audi dell’inseguimento, ancora non si sa con quanti malviventi a bordo. Il guidatore, alla vista dell’auto dei carabinieri, ha accelerato.

I militari hanno invertito la marcia ma poco dopo, nei pressi di curva a destra e durante un sorpasso si sono imbattuti nel Tir che hanno tamponato e che era fermo sul lato sinistro della strada, parcheggiato contro mano. Dell’Audi non risulta alcuna notizia utile a rintracciarla.

Il ministro dell’Interno, Angelino Alfano, ha espresso profondo cordoglio al comandante generale dell’arma dei carabinieri, Leonardo Gallitelli, per la morte dell’appuntato Luca Di Pietra ed ha inviato un messaggio di speranza di una pronta guarigione per l’appuntato rimasto gravemente ferito. “I carabinieri, ancora una volta – afferma il ministro Alfano – svolgono il loro lavoro mettendo a rischio anche la propria vita. Per questo loro modo di operare, con generosità e passione, li sentiamo particolarmente vicini e ogni dolore che colpisce la famiglia dell’arma, è il nostro”.

Firenze, morto dopo l’arresto: è omicidio colposo

202235397-8b51290c-c6f4-4ec8-8956-88da8ca541b1di TgCOM24

La procura di Firenze ha chiuso le indagini sulla morte di Riccardo Magherini, il 40enne deceduto all’inizio di marzo mentre veniva arrestato dai carabinieri. Restano indagate sette persone: quattro militari e tre operatori del 118. Per tutti l’accusa è di omicidio colposo. In un primo momento, in seguito a una denuncia presentata dai familiari di Magherini, i carabinieri erano accusati di omicidio preterintenzionale.

Le cause del decesso di Magherini, secondo quanto riportato dall’avviso di chiusura indagini (che avrebbe recepito quanto emerso dalla consulenza tecnica) sono l’assunzione massiccia di cocaina e l’asfissia, quest’ultima dovuta anche alle modalità con cui operarono i militari.

Magherini, secondo il documento della procura, venne immobilizzato ed ammanettato in modo imprudente e difforme da una direttiva del Comando generale dell’Arma.

Ai tre operatori del 118 viene invece contestato di non aver valutato correttamente la situazione e di non essere intervenuti per limitare gli effetti dell’asfissia. L’atto di chiusura indagini non contempla invece la posizione di altre quattro persone, chiamate in causa durante l’inchiesta: si tratta di personale sanitario intervenuto con una seconda ambulanza o che era al lavoro alla centrale del 118.